

Qualcuno doveva cercare di muovere le carte. Già il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, malgrado la drammaticità di una guerra insensata, aveva stimolato a guardare al “dopo” poiché l’unico obiettivo desiderabile è la pace, non la guerra. Prima o poi le guerre finiscono, bisogna fare in modo che le conseguenze non siano peggiori dei disastri prodotti. La traccia di Mattarella: distensione, coesistenza pacifica, democrazia, rispetto reciproco. È una strada obbligata e di fronte allo stallo delle posizioni bisognava rimettere in movimento l’azione diplomatica.
Il viaggio di Draghi a Washington, con la presentazione di un piano di pace al segretario dell’Onu, intendeva porre le basi per una qualche forma di trattativa. Si sa che la risposta di Putin è stata negativa ma non è un caso che pochi giorni dopo si sia svolto il colloquio tra Macron, Sholz e lo stesso Putin.
Nel frattempo c’era stata anche la telefonata di Draghi al presidente russo per avere rassicurazioni sulle forniture di gas e per evitare che il blocco del grano crei agitazioni in Africa e in Medio Oriente. Non è un caso che Putin abbia accettato di parlare con Francia e Germania che nella Nato hanno una posizione diversa da quella di Usa e Gran Bretagna. L’Italia e la Spagna si stanno allineando le prime due, formando un nucleo non del tutto disposto ad appiattirsi sulle posizioni oltranziste. Il capo del Cremlino si è detto disposto a confrontarsi con Kiev e a sbloccare le rotte dei cereali a patto che vengano sospese le forniture di armi e le sanzioni sui prodotti dei cereali russi.
Forse c’è qualche spiraglio. Resta sempre l’incognita di quanto l’autarca sia affidabile. Però all’orizzonte c’è anche un altro pericolo: l’alleanza con Cina e India prospettata da Putin al Forum euroasiatico, con la creazione di una cooperazione economica col baricentro collocato nell’area Asia-Pacifico con addentellati in Africa e Sudamerica. Ormai è chiaro che si sta tratteggiando un futuro molto diverso da quello immaginato fino al 24 febbraio.
Tutto il mondo è in movimento e i colossi asiatici non stanno certo a guardare, anche se sanno che la prudenza non è mai troppa. Forse questa prospettiva a lungo termine e i successi, anche se lenti, nel Donbas permettono a Putin di iniziare a parlare ma gli interlocutori devono essere credibili e non estemporanei.
Mentre Draghi sta tentando “disperatamente” di accreditare l’Italia come solido interlocutore internazionale, salta fuori Salvini col suo viaggio a Mosca per mettere il suo mattone alla pace. Di fronte alle perplessità e alle critiche di molti, che hanno visto l’uscita anche come propaganda elettorale, Salvini ha sbottato: “Avere insulti, minacce e attacchi per una missione di pace fa riflettere. Se devo creare divisioni sto con i miei figli”. Sembra che lui sia l’unico a volere la pace e sia l’unico ad avere dei figli.
Giovanni Barbieri