Un “Libro bianco” per conoscere  e sconfiggere l’astensionismo

Le ipotesi allo studio: election pass, election day e possibilità di voto in giorni diversi

Nelle settimane scorse il Governo, ed in particolare il Ministro per i rapporti col Parlamento con delega alle riforme istituzionali Federico D’Incà, ha pubblicato il Libro bianco “Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto”, predisposto da un’apposita commissione istituita dallo stesso Ministro e presieduta da Franco Bassanini.
Il testo è di sicuro interesse, ed analizza le diverse cause che fanno rilevare in Italia un diffuso atteggiamento di astensione al voto, crescente negli ultimi anni. Per avere un’idea, e limitandosi alle elezioni per il Parlamento nazionale, si consideri che si è passati da una media di 92,4% di votanti dei primi 25 anni di vita repubblicana (cioè dal 1944 al 1969) al 74% degli ultimi 12 anni (dal 2009 al 2021). In altri termini, sono cresciuti del 20% gli italiani che non vanno più a votare per scegliere i propri rappresentanti in Camera e Senato. Né la situazione migliora con riguardo alle elezioni regionali e locali, come a tutti noto.
Un primo aspetto rilevante del Libro bianco attiene alla assai rilevante distinzione tra quello che viene definito “astensionismo apparente” da quello chiamato “astensionismo reale”. L’astensionismo apparente è quello di coloro i quali non si astengono per libera scelta, ma in quanto impossibilitati a votare, ovvero che potrebbero farlo ma soltanto a seguito di scelte organizzative assai difficili. Tra questi si collocano, in particolare, coloro che risiedono all’estero: questi infatti, se iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) possono partecipare alle elezioni politiche nella Circoscrizione Estero e possono votare per corrispondenza, mentre nelle elezioni regionali e amministrative sono considerati elettori nel rispettivo Comune di iscrizione elettorale e non possono votare per corrispondenza. Cioè dovrebbero rientrare in Italia appositamente per votare, nel giorno stabilito per le votazioni.
A questi si aggiungono coloro il cui astensionismo viene definito “involontario”, in quanto dipendente dall’impossibilità materiale di recarsi alle urne a causa di impedimenti fisici o materiali, o di altro genere: ad esempio le persone di età superiore ai 75 anni, i malati in casa, le persone con disabilità, come anche gli elettori impossibilitati a votare a causa di soggiorni temporanei fuori dal Comune di residenza per motivi di studio, lavoro, vacanza, o altro e che, secondo stime ufficiali, sono circa 4,9 milioni. Certo si potrebbe ragionare se chi sceglie di andare in vacanza nei giorni in cui sono previste le elezioni possa considerarsi “involontario” o meno: ma sappiamo che è ben difficile che qualcuno rinunci a programmare la propria vacanza per poter andare alle urne. In ogni caso, è evidente da questo elenco come non siano poche le persone che si astengono dal voto non per ragioni ideali o per reale convinzione (come invece avviene per quanti si astengono per disinteresse verso la politica o per protesta); il documento indica una cifra approssimativa di tali elettori, riferita alle ultime elezioni per il Parlamento europeo: essi sarebbero circa il 18/20% del totale degli aventi diritto al voto. Le difficoltà che inducono tali persone ad astenersi potrebbero, con qualche accorgimento, essere superate.
A tale scopo, il Libro bianco formula alcune ipotesi: ne indico tre, abbastanza facili da realizzare concretamente. La prima consiste nell’introduzione di un certificato elettorale digitale per tutti i cittadini in sostituzione delle tessere elettorali cartacee: si tratterebbe di un così detto election pass, sostanzialmente analogo al green pass che abbiamo conosciuto con la pandemia Covid. Questo potrebbe essere scaricato sul proprio smartphone o stampato in forma cartacea e verrebbe verificato in tempo reale al seggio attraverso una apposita app. Tale strumento consentirebbe non soltanto una sua più agevole fruizione, ma soprattutto renderebbe più praticabile il voto anticipato di cui subito dirò. La seconda proposta è di concentrare le date di voto dei diversi tipi di elezioni in un’unica giornata, in due “appuntamenti” elettorali all’anno (uno in primavera e uno in autunno), quindi in date simili in tutti gli anni in cui si dovrà votare: un election day, in altre parole, che potrebbe anche ridurre i costi e i disagi delle interruzioni delle attività didattiche.
Questa soluzione, che appare come un uovo di Colombo, ha tuttavia qualche contro-indicazione: se ad esempio si abbinasse un referendum con alcune elezioni amministrative, la partecipazione al referendum potrebbe essere falsata nei Comuni dove si vota anche per il sindaco. Ma questo è già stato fatto in altre circostanze (e si ripeterà il prossimo 12 giugno).
La terza proposta è di consentire il voto anche in giorni diversi da quello appositamente stabilito: ciò è già previsto in altri Paesi, dove è possibile votare in giorni diversi, in seggi allestiti nella località di residenza ovvero anche in località diverse da quelle di residenza. Si tratterebbe di una soluzione che garantisce i vantaggi propri del voto per corrispondenza (perché consentirebbe di votare a distanza agli elettori che non possono recarsi al proprio seggio nel giorno delle elezioni), e trattandosi di una forma di voto presidiato, consentirebbe di garantire la personalità, la libertà e la segretezza del voto richieste dalla Costituzione. Anche in questo caso vi sarebbero alcuni problemi di carattere tecnico-organizzativo, che tuttavia con un po’ di buona volontà amministrativa (e con l’election pass) potrebbero essere superati.
Su un diverso piano si collocano tutte le azioni che si dovrebbero realizzare per far comprendere ai cittadini l’importanza del voto per la vita democratica: ma questo è evidentemente un altro discorso, che richiederebbe un impegno di tutte le forze attive del Paese, a cominciare da quella politica.

Emanuele Rossi