Un anno fa papa Francesco ha compiuto un atto di democrazia archivistica
Papa Francesco è uomo che cambia le cose al suo passaggio con la forza dei fatti e della parola: guidato da amore della verità storica il 2 marzo 2020 ha decretato l’apertura di tutte le carte segrete dell’Archivio Vaticano; la data scelta è significativa: il 2 marzo 1939 fu eletto papa Pio XII. Una storiografia degli anni Settanta, inquinata da pregiudizio ideologico, ha insistito sul silenzio del papa di fronte alle leggi razziali e alla deportazione degli ebrei, tanto più che come cardinale Eugenio Pacelli era stato nunzio apostolico a Berlino e conosceva bene il razzismo, già condannato nel 1937 come dottrina pagana nella lettera enciclica in lingua tedesca “Con grande preoccupazione” da papa Pio XI.
I documenti ora consultabili fanno piena luce e smentiscono quello che fu scritto, tanti fascicoli sono già stati esaminati; lo storico Johan Icks e direttore dell’Archivio spiega perché nei documenti non vi è traccia degli ebrei: ha ben funzionato la rete di protezione che ha permesso di salvarli ospitati in un paese neutrale come era il Vaticano. Bisognava non mettere la Chiesa a dover protestare, altrimenti i tedeschi che occupavano Roma avrebbero fatto irruzione e scoperto registri e carte false, certificati di battesimo cristiano per nascondere la vera identità dei protetti. Un maggiore tedesco poco filonazista in servizio in Vaticano ebbe colloquio col segretario pontificio per “fermare la razzia dei poveri ebrei”; ovviamente non avvisò dell’incontro i tedeschi, del quale c’è verbale a Roma ma non in Germania.
Non fu possibile fermare la razzia del 16 ottobre 1943 al ghetto di Portico d’Ottavia a Roma fatta con l’aiuto dei fascisti e di delatori, rimane provato però che quattromila ebrei furono salvati da Pio XII accolti in Laterano e in 50 case in Roma. Le carte dimostrano con sicurezza che la Santa Sede non prese apertamente posizione contro i nazisti per avere mano libera nell’aiutare gli ebrei e altri perseguitati. Fu molto attiva una diplomazia segreta voluta dal papa e una rete di salvataggio che funzionò molto bene anche nell’Europa dell’Est occupata dai nazisti.
Un documento molto importante registra l’ordine dato dal segretario di Stato card. Luigi Maglione di distruggere materiale che doveva restare nascosto, presente nelle ambasciate pontificie di Polonia, Germania, Ungheria, Jugoslavia, Romania, paesi molto antisemiti; il papa autorizzò il transito attraverso quei paesi di bambini ebrei verso la Palestina.
Il card. Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Istanbul, si adoperò molto per attivare una rete diplomatica umanitaria e mettere in salvo e ospitare in case rifugio soprattutto ebrei: visitando la Turchia si constata ancora oggi la riconoscenza e la stima dei turchi verso il futuro papa Giovanni XXIII. Le nunziature all’estero erano siti “extraterritoriali” e quindi protette dal Vaticano Stato sovrano. Francesco per la prima volta ordinando l’apertura della sezione segreta dell’Archivio Vaticano ha compiuto un atto di “democrazia archivistica”.
(Maria Luisa Simoncelli)