
Domenica 12 gennaio, Battesimo del Signore
(Is 42,1-4.6-7; At 10,34-38; Mt 3,13-17)
Non aveva bisogno di farsi perdonare nulla; non aveva bisogno di affinare l’attesa del Messia; non aveva bisogno, Gesù, quel giorno. Giorno in cui, semplicemente, decide di farsi trovare. Sulla riva del Giordano, dove i peccati della gente diventano grumo da sciogliere in acqua corrente, dove si vince la paura di mostrarsi per come si è: bisognosi di ritrovare umanità. Non aveva bisogno, Gesù, ma decide di farsi trovare, lì. Perché altre regole segue la logica divina, non regole di bisogno ma regole d’amore, regole di gratuità. E allora Gesù si mette in fila con i peccatori, si immerge nelle ombre della gente prima ancora che nell’acqua del Giordano. Si immerge per condividere, per contaminarsi di vita vera: e già pronunciare queste parole regala un brivido. Signore tu non hai paura del mio peccato!
Un Dio che viene a trovarci nella parte più fragile e oscura, nella parte di noi che tendiamo a nascondere. Scende nel nostro peccato il Signore, scende per condividere la paura di non saper vivere la vita, scende come padre ad alleviare la nostra paura del buio, scende perché il rischio è troppo alto, è il rischio della nostra disumanizzazione; perché questo fa il peccato, ci rende disumani, e il Signore scende a volerci umanizzare ancora. Scende il Signore, a e allora io comprendo che non posso più avere paura della mia parte oscura, perché, se lo cerco, Lui è, anche lì.
Giovanni voleva impedirglielo. Si mette di traverso il precursore, ironia della sorte, una vita passata ad attenderlo e un attimo, un attimo solo che rischiava di rovinare tutto. Perché non lo aspettava così. Giovanni Battista ha paura e vuole impedire a Gesù di scendere. Di osare così tanto.
Lascia fare. Per ora, dice Gesù, ma Giovanni non capisce e forse nessuno di noi capirà mai del tutto come il vertice dell’amore possa germogliare nell’abisso dell’umano. Come capire un Dio che per amore riesce a scendere fin dove sembra finire ogni traccia di umanità? Come può un Dio scendere fino a farsi picchiare e ammazzare per amore? Come ci si può spogliare così tanto da ridursi a larva appesa a una croce solo per poter dire all’uomo: “sono arrivato anche qui per dirti che ti amo”?
Abbiamo ancora troppa paura Signore, invece tu ci chiedi di “lasciarti fare” che significa lasciarci amare. Abbiamo ancora troppa paura Signore, paura della fragilità, invece tu ci chiedi di “lasciarti fare” che significa imparare a credere che anche negli angoli più bui della storia tu fai casa. Tu Signore sei il Dio che scende dove io sono più lontano da me, tu sei il Dio che abita le mie paure e i miei peccati, tu sei il Dio che si contamina con le mie piaghe, le mie lebbre, i miei tradimenti. E io mi stupisco ancora di trovarti lì. Tenerissimo sconcerto, sconvolgente tenerezza.
don Alessandro Deho’