L’amore può vincere la tentazione di darsi la morte

Il vescovo Meini e il card. Bassetti entrano nel dibattito sul suicidio assistito

Consiglio permanente della Cei, la prolusione di mons. Meini (foto Cristian Gennari/Siciliani)
Consiglio permanente della Cei, la prolusione di mons. Meini (foto Cristian Gennari/Siciliani)

La “centralità della persona”, per la Chiesa italiana, “si traduce anche nell’impegno a unire la nostra voce a quella di tanti – a partire dalle associazioni laicali – per dire la contrarietà al tentativo di introdurre nell’ordinamento pratiche eutanasiche”: a ribadirlo, alla vigilia della sentenza della Corte Costituzionale sul suicidio assistito, è stato mons. Mario Meini, vescovo di Fiesole e vicepresidente della Cei, introducendo i lavori del Consiglio permanente dell’organismo lo scorso 23 settembre.
“È difficile non essere profondamente preoccupati rispetto alla possibilità di ammettere il suicidio assistito, promosso come un diritto da assicurare e come un’espressione della libertà del singolo. Anche se ammantate di pietà e di compassione, si tratta di scelte di fatto egoistiche, che finiscono per privilegiare i forti e far sentire il malato come un peso inutile e gravoso per la collettività”. Con le parole pronunciate solo tre giorni fa da Papa Francesco, Meini, a nome di tutti i vescovi italiani ha ribadito che “si può e si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia”.

La chiamata in causa della Consulta

È iniziata nella mattinata di martedì 24, alla Corte Costituzionale, l’udienza pubblica sulla costituzionalità del divieto di aiuto al suicidio punito dal codice penale con la reclusione fino a 12 anni. A sollevare la questione era stata lo scorso anno la Corte d’Appello di Milano nell’ambito del processo avviato contro Marco Cappato, reo di aver accompagnato in Svizzera il Dj Fabo a compiere il suicidio assistito.
Difficile prevedere i tempi della sentenza, dato che la camera di consiglio è prevista solo al termine dell’udienza pubblica. La Consulta non aveva preso decisioni definitive, concedendo al Parlamento un anno di tempo per trovare una soluzione che potesse sfociare in una legge, tenuto conto della materia tanto delicata. Un anno che, di fatto, è trascorso invano, tra rinnovo del governo, crisi varie e, infine, un ulteriore cambio di esecutivo. I tentativi dell’ultima ora di giungere a qualche decisione non hanno portato alcun frutto, per cui l’unica speranza della politica, al momento risiede nella concessione di un rinvio della scadenza. Una speranza che, però, potrebbe cozzare contro la realtà di una Consulta che già aveva messo in chiaro che in certe situazioni estreme entrano in conflitto diversi diritti costituzionali: alla tutela della vita si affiancano la dignità della persona e l’autodeterminazione.

Sull’argomento si era espresso a più riprese anche il card. Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani. Ancora pochi giorni fa, intervenendo all’incontro promosso dal Tavolo famiglia e vita a Roma sul tema “Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?” ha sostenuto che “il Parlamento dovrebbe in breve tempo poter discutere e modificare l’art. 580 o, comunque, avviare un iter di discussione della legge che potrebbe indurre la Corte stessa a concedere un tempo supplementare… per evitare che una sentenza della Consulta provochi lo smantellamento del reato di aiuto al suicidio”.
Secondo Bassetti, “la via più percorribile sarebbe quella di un’attenuazione e differenziazione delle sanzioni dell’aiuto al suicidio, nel caso particolare in cui ad agire siano i familiari o coloro che si prendono cura del paziente. Questo scenario, tutt’altro che ideale, sarebbe comunque altra cosa rispetto all’eventualità di una depenalizzazione del reato stesso”.
Se si andasse nella linea della depenalizzazione, avverte, “il Parlamento si vedrebbe praticamente costretto a regolamentare il suicidio assistito” con “una prevedibile moltiplicazione dei casi”. Il tutto, però, secondo il presidente della Cei, non può essere disgiunto da una revisione della legge 219/2017 sulle Disposizioni anticipate di trattamento che andrebbe rivista laddove comprende nutrizione e idratazione assistite nel novero dei trattamenti sanitari, “che in quanto tali possono essere sospesi”, andrebbero chiarite le circostanze stabilite per la sedazione profonda e “dovrebbe essere introdotta la possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza”.
Infine, andrebbe rafforzato il ricorso alle cure palliative. Diversamente, l’approvazione del suicidio assistito nel nostro Paese aprirebbe “un’autentica voragine dal punto di vista legislativo, ponendosi in contrasto con la stessa Costituzione italiana, secondo la quale ‘la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo’, il primo dei quali è quello alla vita. Tale contrasto segnerebbe dal punto di vista giuridico un passaggio irreversibile”, con “enormi conseguenze sul piano sociale”.
Per Bassetti, “si darebbe il via a un piano inclinato: diverrebbe sempre più normale il togliersi la vita e ciò potrebbe avvenire di fatto per qualunque ragione e, per di più, con l’avallo e il supporto delle strutture sanitarie dello Stato”. Di qui un monito: “Svegliamoci dal cinismo economicista” e “circondiamo i malati e tutti i più deboli dell’amore del quale, come ogni essere umano, hanno bisogno per vivere”.