Crisi o non crisi, questo è il dilemma
Da destra: il presidente del Consiglio dei Ministri, Conte, con i vice presidenti Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)
Da destra: il presidente del Consiglio dei Ministri, Conte, con i vice presidenti Salvini (Lega) e Di Maio (M5S)

Fatte le elezioni, comincino a governare. Sarà pure una parafrasi molto forzata della frase attribuita al D’Azeglio, ma ci sembra che posa rendere bene l’idea della situazione che si è venuta a creare – meglio: a rendere palese – nel governo fino a domenica giallo-verde e da lunedì scorso verde-giallo, se non verde tout court, almeno come leadership.
I numeri sono noti, così come note sono le dichiarazioni del “dopo partita”. Entusiasmo contenuto per il lider maximo della Lega, con promessa di non avere neanche nel pensiero di sfruttare la vittoria per chiedere qualche concessione in più all’alleato – anzi, all’amico – Di Maio. Nessuna dichiarazione a caldo da parte di M5S. Una riunione politica durata circa 4 ore nel pomeriggio di lunedì durante la quale, a detta di chi ha lasciato trapelare qualcosa, in pratica si sarebbe parlato del più e del meno, ma non del risultato delle elezioni né, men che meno, della sorte da riservare a chi ha guidato il partito nel baratro.
Perciò, parola di Salvini, tutti in ufficio perché “gli Italiani ci pagano per lavorare e non per chiacchierare”. Un commento ironico ci sta: qualcuno ha detto: “Finalmente si vedrà il ministro al Viminale!”. Ma la situazione è seria e lo spazio per le battute molto risicato.
Cerchiamo di fotografare il momento. Diciamo: da mercoledì o giovedì governo al lavoro. Tutti in armonia attorno a Conte (elegantemente sparito dalle scene per non sentirsi incolpato dei trionfi dell’uno o degli smacchi dell’altro: super partes, appunto) a lavorare per l’Italia, ma per fare cosa?
L’elenco, per far risparmiare tempo e fatica a Di Maio, lo ha stilato Salvini: una serie di provvedimenti – dalla TAV alla sicurezza, all’abuso d’ufficio, all’autonomia fiscale delle Regioni del Nord e tanto altro – che rappresentano quanto di più vicino si possa immaginare al fumo negli occhi per M5S.
Se quest’ultimo dirà di sì, tutti amici come – e meglio – di prima, se no… beh la crisi sarà inevitabile, ma solo per colpa di Di Maio! L’idea che viene alla mente è quella degli scacchi: non siamo abbastanza esperti per descrivere nel dettaglio la situazione tattica della partita ma a occhio e croce ci sembrerebbe uno scacco al re che potrebbe facilmente diventare scacco matto.
Lo sappiamo, è azzardato fare previsioni sullo sviluppo e sulla durata dei rapporti di un’alleanza di governo che non ha mai dato l’impressione di funzionare, ma se i Cinquestelle dovessero sottostare ad un tale giro di vite, non sappiamo chi potrebbe scommettere anche solo un centesimo sul loro futuro politico.
Come più volte ripetuto, questi sarebbero solo innocui esercizi di strategia politica se… se di mezzo non ci fossero il presente ed il futuro del Paese.
Per questo, tutti siamo qui ad interrogarci quando Salvini e company smetteranno di fare campagna elettorale e inizieranno a governare, ma davvero, per il bene dell’Italia.

Antonio Ricci