Pasqua di Risurrezione. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo

Domenica 21 aprile. Pasqua di Risurrezione
(At 10,34.37-43;  Col 3,1-4;  Gv 20,1-9)

16vangeloLa liturgia della Pasqua ci fa vivere un momento nodale, in particolare il racconto della risurrezione proposto dall’evangelista Giovanni ci accompagna fino al punto estremo al quale ci può condurre la ragione e ci invita ad andare oltre. Maria di Magdala si reca, quando ancora non è chiaro, al sepolcro di Gesù. Nulla è chiaro per lei. Come può essere che il Maestro sia morto? Come potrà ora far scorrere l’enorme pietra che separa i morti dai vivi, la morte dalla vita? Come potrà ungere quel corpo per rallentare la devastazione della decomposizione?
Giunta al sepolcro tutto cambia in un attimo, nessuna delle preoccupazioni ha più fondamento. La pietra, proprio quella pietra che separava la morte dalla vita, è stata rotolata via. Il corpo di Gesù non è più lì.
Non c’è più bisogno degli olii. Subito sente suo dovere l’andare velocemente ad avvisare gli undici. Pietro e il discepolo che Gesù amava ascoltano stupiti il resoconto della donna e subito corrono per accertarsi dell’accaduto.
In passato si riteneva che la formula “il discepolo che Gesù amava” fosse il modo dell’evangelista per indicare sé stesso. Oggi alcuni esegeti pensano che quella formula indichi il discepolo ideale, innamorato di Gesù, che si comporta come meglio persona umana non possa. Forse c’è anche la speranza dell’evangelista che ognuno dei suoi lettori metta il proprio nome in luogo di: “il discepolo che Gesù amava” e si comporti di conseguenza. Ovviamente chi più ama, più è sollecito. Quindi il discepolo che Gesù amava giunge per primo al sepolcro e vede. Ma è anche rispettoso ed attende, per entrare, che prima lo faccia Pietro.
È un insegnamento utilissimo nel nostro tempo e nella nostra Chiesa. Chi è capace di correre, si fermi ogni tanto per vedere se gli altri lo seguono in quella via. Chi è più prudente lasci che gli altri si allontanino in perlustrazione.
Ma torniamo al nostro discepolo che, entrato nel sepolcro vede una cosa incredibile. Il lungo lenzuolo che veniva posto sotto il defunto, poi ripiegato per ricoprire il sopra e fermato con tre fasce: al collo, ai fianchi ed alle caviglie, si era come sgonfiato. Il corpo di Gesù non vi era più. Se qualcuno lo avesse voluto rubare o semplicemente portarlo altrove, non si sarebbe certo preso la briga di sciogliere le fasce, sollevare il lenzuolo, prendere il corpo, riposizionare il lenzuolo e rimettere le fasce.
Come scritto all’inizio, fin qui ci conduce la ragione che non è in grado di spiegare come mai il corpo di Gesù non ci sia più. Da questo punto in avanti il percorso necessita dell’intervento della fede. Siamo disposti ad avere fiducia nei due angeli che ci vengono proposti nella liturgia della veglia pasquale e che ci assicurano che non può abitare tra i morti colui che è il vivente?
Accogliamo questa speranza bella che alimenta la nostra fede. Gesù, crocifisso, morto, sepolto è entrato nella vita del Padre: l’Eterno, il vivente da sempre e per sempre. E vi è entrato proprio perché ha voluto e saputo vivere l’amore fino al dono della vita . Ci ha aperto la via e ci attende.

Pier Angelo Sordi