Buchenwald e Auschwitz: i lager dello sterminio
Aprile 1945: un gruppo di bambini viene fatto uscire dal lager di Buchenwald dai militari americani. (US National Archives)
Aprile 1945: un gruppo di bambini viene fatto uscire dal lager di Buchenwald dai militari americani. (US National Archives)

La Giornata della Memoria fu istituita per non dimenticare l’apertura del lager di Auschwitz in Polonia da parte dei soldati sovietici il 27 gennaio 1945. Quello fu il più noto e gigantesco inferno sulla terra, ma i luoghi di morte organizzati con l’efficienza di un sistema industriale dalla Germania nazista sono tantissimi altri, disseminati ovunque ed erano visibili a chi volesse vedere. Uno è il lager di Buchenwald in Turingia, a breve distanza da Weimar, la città di Goethe, centro d’avanguardia culturale del primo Novecento; vi si accede per la strada ancora oggi chiamata “via del sangue” perché costruita dai prigionieri, come la parallela linea ferroviaria.
Nei primi giorni di gennaio 1945 divenne l’ultima stazione dei trasporti per l’evacuazione da Auschwitz. I tedeschi, dopo la disfatta di Stalingrado, da tempo avevano chiara la sconfitta, ma la criminale ostinazione di Hitler li obbligò a non arrendersi.

L'ingresso ad Auschwitz oggi
L’ingresso ad Auschwitz oggi

Poco prima della liberazione, le SS cercarono di sgomberare il lager di Buchenwald mandando a morire 28mila persone facendole marciare fino allo sfinimento. Dentro rimasero circa 21mila prigionieri, tra cui circa mille bambini e ragazzi, quasi tutti stranieri; si era organizzata una resistenza clandestina che dall’interno aprì le sbarre ai liberatori americani l’11 aprile 1945, le SS cercarono di fuggire. Il lager di Buchenwald era stato allestito nel 1937 come campo in cui concentrare oppositori politici, i cosiddetti asociali, ebrei, testimoni di Geova, omosessuali.
Dal 1943 qui e nei 136 distaccamenti gli internati furono brutalmente sfruttati nell’industria bellica, anche le donne. Vi furono le uccisioni in massa di prigionieri di guerra e molti morirono in seguito ad esperimenti medici e abusi. Buchenwald fu parte integrante dell’apparato di sterminio, vi venivano selezionati i prigionieri non idonei al lavoro da inviare ai campi della morte. Nella vicina stazione di Weimar dovevano passare tutti i treni diretti allo sterminio. Dal 1943 qui furono internati circa 3500 italiani fatti prigionieri dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943; di 1044 conosciamo i nomi, gli altri in seguito sono stati dichiarati dal Ministero della Guerra “irreperibili a norma dell’articolo 124 della legge di guerra” e l’atto non era valido agli effetti dello stato civile con le conseguenze immaginabili anche per i familiari.

La denuncia di Eugenio Montale contro ogni violenza della storia

04Shoa“A Liba” che parte è una poesia dalla raccolta “Le occasioni “di Eugenio Montale, è datata 1938, l’anno dell’infamia delle leggi razziali, della visita di Mussolini in maggio a Firenze, una parata dal sinistro significato su cui scriverà in “Primavera hitleriana”: “Sul corso è passato a volo un messo infernale / tra un alalà di scherani”. La bufera della guerra, delle deportazioni, dello sterminio è preavvertita dal poeta attraverso la figura di Liuba, ragazza ebrea che si affida non al grillo dei demagoghi che gridano parole senza pensiero e senza coscienza, istrioni che si presentano sempre sulla scena del mondo distillando “una fede feroce” (così in “Dora Markus”), ma si fa consigliare da una cosa viva, il suo gatto, rimasto, come i lari familiari nell’antica Roma, l’unico custode del focolare di affetti e di storia della famiglia ora dispersa a causa della follia antisemita. Liuba, partendo verso destinazioni ignote ma inquietanti, porta con sé un piccolo contenitore, forse per mettervi un cappellino o forse il gatto, è l’oggetto simbolo, “occasione” (in linea col titolo della seconda raccolta lirica di Montale) di casa, salvezza, riscatto nei tempi orribili e ciechi, come fu l’arca che galleggiò sulle onde agitate del diluvio universale e salvò Noé. A Stoccolma, ricevendo nel 1975 il Nobel, il poeta riaffermò la “poesia delle cose” che si fanno pensiero materializzato, emblemi di condizioni spirituali, una sorta di allegorismo medioevale: Dante infatti fu molto caro a Montale. (m.l.s.)

A Liuba che parte

Non il grillo ma il gatto
del focolare
or ti consiglia, splendido
lare della tua dispersa famiglia.
La casa che tu rechi
con te ravvolta, gabbia o cappelliera?
sovrasta i ciechi tempi come il flutto
arca leggera – e basta al tuo riscatto.

L'ingresso al campo di Auschwitz oggi
L’ingresso al campo di Auschwitz oggi

Le sorti a volte si capovolgono: in questo lager le forze di occupazione sovietica internarono fino al 1950 in un campo speciale soprattutto SS e membri del partito nazista o ad esso vicini, ma anche persone arrestate arbitrariamente, molti morirono per abbandono e denutrizione, sepolti in fosse comuni.
Per decisione del governo della DDR, ex-Germania dell’Est, a Buchenwald spicca un imponente monumento nazionale strutturato secondo una concezione didattica che conduce il visitatore in un percorso che va dalla morte alla vita. Il lager è stato in gran parte demolito, ma i siti delle baracche sono contrassegnati da pietre recanti il numero del block corrispondente e danno un’evidente mappa del terribile complesso, sono conservati i forni crematori e, come un prodigio di speranza , la “quercia di Goethe”, così chiamata dai prigionieri una secolare pianta di cui il tronco è sopravissuto ai bombardamenti (quello del 24 agosto 1944 provocò la morte di Mafalda di Savoia figlia del re d’Italia).
Oggi a Weimar – Buchenwald c’è un Centro di ricerche e di formazione con Archivio, Biblioteca, Libreria, proposte pedagogiche, documentari audiovisivi; vi sono promossi incontri per giovani. Il Centro è molto visitato e il suo materiale documentario è consultato da storici e saggisti, ad esso ha attinto la storica Gabriele Hammermann per scrivere il premiato libro “Gli internati militari italiani in Germania 1943-1945”, Il Mulino, 2004, da noi analizzato, in cui è citato in bibliografia anche il volume “Per non chinare la testa” del nostro compianto Orlando Lecchini, il suo nome è nell’elenco degli ufficiali internati che hanno fornito memorie e dati.

(Maria Luisa Simoncelli)