
Non si contano più le dichiarazioni dei rappresentanti dei vari organismi che si occupano di assistenza alle persone che esprimono preoccupazione per le conseguenze sociali legate al decreto sicurezza ormai trasformato in legge dal Parlamento.
Le preoccupazioni maggiori riguardano le conseguenze che il provvedimento potrà avere nei confronti dei cosiddetti minori non accompagnati, i quali, afferma Paola Crestani, presidente del Centro italiano di aiuto all’infanzia (Ciai), “a 18 anni e 1 giorno, non avendo uno status giuridico e dovendo stare in Italia vengono marginalizzati, pur avendo seguito corsi di formazione e avviamento al lavoro nei centri di accoglienza, rischiano di essere gettati in mezzo ad una strada e di cadere vittima della criminalità e del lavoro nero”.
C’è allarme anche per i ragazzi adottati in Italia da maggiorenni: per alcuni tipi di reati potrebbe scattare la revoca della cittadinanza italiana. Forte preoccupazione esprime anche Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23): “Il rischio è far piombare i migranti nell’irregolarità, recidendo i tanti percorsi di integrazione e rinascita cui stiamo assistendo nelle nostre case. In particolare rischiano forme di esclusione sociale i migranti più vulnerabili”.
L’accanimento sui “deboli” è, forse, l’idea che crea maggiore repulsione nei confronti di questa nuova legge. Nessuno, lo abbiamo scritto tante volte, mette in discussione il bisogno di sicurezza e di tutela della legalità, ma certi problemi, come quelli che ruotano attorno ai fenomeni migratori, non possono essere sempre e soltanto ricondotti all’ambito dell’ordine pubblico.
Quando si parla di persone, è ai singoli individui che si deve guardare e non creare categorie all’interno delle quali costringere in base a nazionalità, colore della pelle, grado di istruzione o altro. Questo è elemento basilare quando si parla di responsabilità penale.
Il risultato di certe scelte non può essere che l’aumento dei sentimenti di rifiuto e odio verso gli stranieri, ribadisce Raimonda, che suggerisce, piuttosto di “aumentare la quota percentuale del Pil destinato alla cooperazione allo sviluppo… per promuovere una reale ed efficace integrazione”.
Anche mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi, definisce “devastanti sulla pelle di migranti e rifugiati, uomini e donne in cerca di pace” (per la Meloni, invece, può essere che scappino dal caldo, ndr) le conseguenze della nuova legge. Il rischio è che si vada “verso un ammasso di persone in grandi ghetti con conseguenze facilmente immaginabili, invece di favorire un’accoglienza diffusa in tantissime piccole realtà come sta già succedendo”.
E noi ci uniamo a lui quando dichiara di non riconoscersi “in chi propone leggi disumane” e nemmeno “in quel 60% che applaude”, dimostrando “un atteggiamento ossessivo, violento e razzista”.
Antonio Ricci