
Domenica 11 novembre, XXXII del Tempo Ordinario
(1Re 17,10-16; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44)
“Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa”. Gesù spesso attacca gli scribi e i farisei, descrivendoli come perfidi e ipocriti.
Gli scribi, fin dall’infanzia, si dedicavano alla lettura e allo studio della Torah e della tradizione. Poi spesso diventavano rabbini e ottenevano autorità, e potere di giudizio nelle varie istituzioni. I farisei erano una comunità di fedeli e cercavano di vivere la Legge di Mosè e i precetti successivi, con zelo. Erano numerosi. Gli scribi e alcuni farisei furono avversari di Gesù, ma la Sua polemica, che gli evangelisti mettono per iscritto in un momento in cui i cristiani erano perseguitati da questi ultimi, che li consideravano eretici, riguardava soprattutto il loro modo di essere “religiosi”.
Gli evangelisti intendevano stigmatizzare una serie di comportamenti che anche i cristiani potevano assumere. È bene ricordare che non tutti gli scribi erano arroganti e non tutti i farisei erano ipocriti. I vangeli ci raccontano anche di scribi vicini al regno di Dio e di farisei retti, giusti e ben disposti verso Gesù. In fondo queste invettive di Gesù sono attuali e parlano anche per noi: dovrebbero farci arrossire e spingerci a chiederci se siamo davvero alieni da questi comportamenti, se non abbiamo mai adottato uno stile che vuole richiamare attenzione ed ammirazione, e se non abbiamo mai desiderato adepti e potere.
È stato così nella Chiesa di tutti i tempi e ancora qua e là serpeggia questa tentazione. Gesù è nel tempio, di fronte alla sala del tesoro, dove i fedeli depositano le loro monete. Il Figlio osserva e trae dalla realtà lezioni di vita. I ricchi, senza grande fatica e senza privarsi di nulla di necessario, mettono grandi somme di denaro. Chi non ricorda i primi banchi, con la targa in ottone con incisi i nomi di coloro che avevano fatto le maggiori offerte e, in alcune chiese, quei banchi erano loro riservati.
Il Maestro indica una vedova, una persona insignificante, senza un difensore, in un mondo dominato dai maschi. Sembra che nessuno si accorga di lei. Quando viene il suo turno getta solo due spiccioli. Lui indica proprio lei, tra tutti, come capace di fare un vero dono, in grado di dare gloria al Signore. Lo annuncia in modo solenne: “In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
È stata capace di rinunciare a ciò che le era necessario: una vera discepola di Gesù. C’è un forte contrasto tra questa donna e gli scribi, che “divorano le case delle vedove” (non quelle dei vedovi). È povera, non è protetta da nessuno, ma ama il Signore così tanto da dare in sacrificio ciò di cui ha bisogno per vivere.
Pierantonio e Davide Furfori