Domenica 22 luglio, XVI del Tempo Ordinario
(Ger 23,1-6; Ef 2,13-18; Mc 6,30-34)
Gli apostoli tornano dalla missione: erano partiti provvisti della sola assistenza della Provvidenza di Dio, privi di mezzi e di sostentamento. Ora vogliono riferire al Maestro ciò che hanno fatto ed insegnato, successi e delusioni. Ma trovano Gesù circondato da una grande folla, in una ressa che impedisce loro anche di sedersi e riposare. Il motivo che attira la gente verso di lui e verso di loro, che riferiscono le sue Parole e compiono i suoi gesti, è lo stato di necessità, la consapevolezza di aver bisogno di essere salvati, dalla fame e dalle malattie, ma anche dallo smarrimento esistenziale.
La gente sente che con Gesù la vita è diversa, è davvero la vita nuova secondo il Vangelo. Gesù si preoccupa della serenità e del sollievo degli apostoli: “Venite in disparte e riposatevi”. Vuole aiutarli a ritrovare la pace nella comunione con Lui, portandoli in un luogo riservato, ma la gente intuisce la loro destinazione e arriva prima di loro.
Ci si potrebbe aspettare da Gesù una reazione seccata, un moto di fastidio, invece lui riprende anche in quella situazione ad insegnare. La missione, sia quella alle genti lontane che quella quotidiana e ordinaria, ha bisogno di parole, annuncio e testimonianza, ma si nutre di comunione tra noi e con lui.
Sono necessarie allo stesso modo vita comunitaria, preghiera e contemplazione. Ci vuole anche il silenzio del deserto per cogliere ciò che è essenziale. Non si può fare a meno di luoghi ritirati e solitari, dove rimanere con se stessi, per poter riprendere poi a lavorare con rinnovata energia. Il testimone annuncia un messaggio non suo, del quale è però responsabile.
“Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore e si mise a insegnare loro molte cose”. Il gesto di vedere non è il nostro vedere, anzi spesso il nostro è non voler vedere, soprattutto quando il vedere ci pone davanti la fragilità umana nei suoi diversi aspetti sociali e familiari.
Dio non è come gli “idoli” che hanno occhi ma non vedono: Lui vede e provvede, nonostante le miserie umane. Ma non solo: Lui si commuove, non rimane indifferente di fronte alla nostra fragilità. Gesù si commuove ed insegna: non è un insegnare cattedratico. Si pone sempre a sedere per mettere chi ascolta nelle migliori condizioni di ascolto, e per non far sentire chi lo ascolta in soggezione, pur mantenendo tutta la sua autorevolezza e autorità umana/divina.
Gesù educa la folla con la Parola espressa in parabole, per far passare il messaggio fondamentale dell’amore di Dio, della Sua condivisione di questo amore con noi, della nostra relazione con Lui. Tutto ci porta alla “relazione” binaria, noi con Dio, noi con il prossimo (famiglia, chiesa, società).
Dio/Gesù è quindi il Pastore che ha una relazione con tutti, per tutti, in tutti, ma personalizzata con ognuno di noi, per ognuno di noi, in ognuno di noi. Sta solo a noi accettarla e viverla con pienezza ogni giorno, per tutti i nostri giorni, fino alla fine dei tempi.
Il contenuto dell’annuncio si evidenzia nei brani successivi del vangelo, quando Gesù moltiplica i pani per migliaia di persone accorse per ascoltarlo. Inizialmente, Lui ascolta ciascuno e risponde ai problemi di ciascuno. Ma il motivo per il quale è venuto nel mondo, è uguale per tutti: dare se stesso, corpo, sangue, e Spirito.
Pierantonio e Davide Furfori