
La prolusione al Consiglio permanente della Cei. “Stiamo vivendo in un’Italia molto diversa rispetto al passato e con una Chiesa sempre più globale”
“Sento una grande responsabilità che si addolcisce nella consapevolezza di servire la Chiesa italiana”: esordisce così il card. Gualtiero Bassetti nella sua prima prolusione da presidente al Consiglio permanente della Cei: il primo sentimento di vicinanza è alle donne vittime di violenza, alle vittime del terremoto in Centro Italia e a quelle dell’alluvione a Livorno.
In Italia, “quasi nulla è più come prima”, la constatazione di partenza. “Dobbiamo assumere la piena consapevolezza che stiamo vivendo in un’Italia molto diversa rispetto al passato e con una Chiesa sempre più globale”, la tesi. Di fronte ad una umanità ferita, che abita un mondo dove ormai è emersa “una nuova questione sociale”, la profezia di Papa Francesco chiede alla Chiesa italiana una “conversione pastorale” che è “l’esercizio della maternità della Chiesa, di una Chiesa che è incarnata nella storia”. “Prima il Vangelo”, sine glossa, come quello di Francesco d’Assisi rilanciato da don Primo Mazzolari, è allora l’imperativo per un annuncio di amore ad ogni uomo e ad ogni donna, senza imporre nulla: “Molto si fa nelle nostre Chiese, ma questo cammino va accelerato”, la proposta.
Alla tentazione di andare ognuno per la sua strada, si risponde con parresia, collegialità e dialogo. “La cultura della carità è la cultura dell’incontro e della vita, che si contrappone alla cultura della paura, dello scarto e della divisione”, dice Bassetti, esortando ad abbracciare l’opzione preferenziale per i poveri. La povertà è ancora oggi uno scandalo per i benpensanti, come denunciava già don Mazzolari. Andare verso i poveri, invece, è il cuore della proposta cristiana, e la “cultura della carità” è anche “cultura di una vita che va difesa sempre: sia che si tratti di salvare l’esistenza di un bambino nel grembo materno o di un malato grave; e sia che si tratti di un uomo o una donna venduti da un trafficante di carne umana”.
Il lavoro, i giovani, la famiglia, le migrazioni: sono gli ambiti su cui la Chiesa italiana è chiamata a fare un serio discernimento. “Oggi il lavoro è senza dubbio la priorità più importante per il Paese e la disoccupazione giovanile è la grande emergenza”, dice Bassetti dopo aver citato le parole pronunciate dal Papa a Genova. Nonostante i piccoli segnali di ripresa, non si possono dimenticare gli 8 milioni di poveri descritti dall’Istat. In materia di lavoro, oggi, “ci sono tante affermazioni gridate, ma forse manca un pensiero lungo sul Paese”.
È in questa prospettiva che si colloca la prossima Settimana Sociale di Cagliari. “Sui giovani si gioca la parte più importante della missione della Chiesa… I giovani ci stanno profondamente a cuore”, prosegue Bassetti, citando don Milani come viatico per il prossimo Sinodo dei vescovi: quando ci si rivolge a loro, bisogna mettere al bando la retorica e fare spazio alla verità.
In un Paese caratterizzato da un crescente aumento di convivenze, separazioni e divorzi, e da un tasso di natalità che continua a diminuire drammaticamente, guardare alla famiglia in modo concreto significa prima di tutto farsi carico delle sue fragilità. Sul piano pastorale, bisogna recepire lo spirito dell’Amoris Laetitia, sul piano sociale c’è necessità di introdurre misure concrete, come il “fattore famiglia”.
“Promuovere una pastorale per i migranti significa difendere la cultura della vita in almeno tre modi: denunciando la tratta degli esseri umani e ogni tipo di traffico sulla pelle dei migranti; salvando le vite umane nel deserto, nei campi e nel mare; deplorando i luoghi indecenti dove troppo spesso vengono ammassate queste persone”. Accogliere è il primo gesto, ma poi – citando il Papa – servono “prudenza, integrazione e vicinanza umanitaria”.