Charlie Gard: una scelta di morte che sconvolge

giornatavita2017Charlie Gard ha una malattia rarissima, chiamata “encefalomiopatia mitocondriale ad esordio infantile”: le sue cellule non conservano e non riparano il DNA dei mitocondri, che sono un po’ le loro centrali elettriche, rendendoli incapaci di funzionare. Così i muscoli prima, poi il fegato e il cervello, deperiscono. I progressi della medicina nel campo dei supporti vitali oggi ci permettono di mantenere in vita per lungo tempo, con l’ausilio di costosi macchinari e personale specializzato, pazienti come questi che, fino a qualche anno fa, sarebbero morti quasi immediatamente. Queste situazioni rappresentano una sfida nuova per la riflessione etica e richiedono un’analisi complessa e non ideologica, fermo restando però che il sospendere l’assistenza, anche palliativa, e negare la presa in carico del malato da parte della famiglia, è ingiusto. Inguaribilità e incurabilità non sono sinonimi: una persona affetta da una malattia inguaribile ha diritto di ottenere assistenza e cura quanto e più degli altri.
A Charlie era stata proposta una cura sperimentale: non è dato sapere se e quanto sarebbe stata efficace. Quello che sappiamo è che essa è stata considerata senza alcuna prova “futile”, dai consulenti medici dei giudici, mentre si è fatta strada l’esigenza, stranamente impellente, di sospendere i trattamenti, per evitare a Charlie sofferenze ulteriori; non attraverso adeguate soluzioni palliative, ma dandogli la morte. Quei medici, dunque, non hanno alcuna intenzione né di guidare il paziente ad una, per quanto improbabile, guarigione, né di accompagnarlo con serenità nel tempo che gli è rimasto. Facendo un discorso più ampio, tutti noi, abbiamo smesso di sperare. Noi, come società occidentale, abbiamo perso la fede, non necessariamente in Dio, ma nel futuro. Il futuro che i medici immaginano per Charlie è un futuro di agonia, senza speranza alcuna. Non credono più di poterlo salvare, né credono che in futuro sarà possibile salvare altri con la sua stessa malattia. In altri casi è stato il paziente, preso dalla disperazione, ad invocare la morte, qui sono i medici a pretendere di decidere per Charlie, contro il parere dei genitori.
Quest’ultimo è il punto più disturbante dell’intera vicenda. Negli scorsi decenni, il paternalismo medico è progressivamente tramontato ed è iniziata un’era in cui il paziente non è più un oggetto passivo destinato a subire le conseguenze delle scelte altrui, ma un soggetto responsabile, che condivide la messa a punto della strategia di cura. Nella vicenda di Charlie si è determinato uno scollamento tra le decisioni dell’équipe medica e la volontà dei genitori, manifestato in una serie di divieti, di cui l’ultimo, veramente non facile da spiegare, di poter trasportare il proprio figlio in casa loro, anche solo per lasciarlo morire nel suo letto. Per di più, le conclusioni delle corti inglesi, che hanno autorizzato la sospensione delle cure contro il parere dei genitori, costituiscono un precedente giuridico che certamente sarà utilizzato come grimaldello in altri giudizi, anche in ambiti molto diversi. Infine, è da evidenziare l’atteggiamento dei mezzi di comunicazione, sulla vicenda stranamente silenziosi e “neutrali”: se le parti fossero invertite, con i genitori a favore della sospensione delle cure, e i medici a favore del mantenimento in vita, la grancassa mediatica suonerebbe in modo molto più deciso.

Davide e Pierantonio Furfori