Seimila senzatetto, che vivono poveri e nella precarietà, provenienti da 22 Paesi, in rappresentanza dei milioni di persone che si trovano in condizioni analoghe in ogni parte del mondo, sono stati accolti dal Papa domenica scorsa per l’ultimo grande appuntamento prima della chiusura ufficiale dell’Anno Santo della Misericordia, prevista per domenica prossima. Così Francesco ha posto un altro tassello nella costruzione di quella “Chiesa povera per i poveri” che gli sta tanto a cuore, la cui realizzazione ha iniziato a caldeggiare già all’indomani della sua elezione. Se “cultura dello scarto” e “periferie del mondo” sono diventate espressioni di cui ognuno di noi si riempie la bocca, lo si deve all’ostinazione di questo Vescovo di Roma che fino ad oggi ha saputo dare uno sviluppo coerente al “buonasera” con il quale ha sorpreso tutti dalla loggia di San Pietro. Ancora una volta Papa Francesco ha chiesto a qualcuno di perdonare i cristiani per non aver saputo tradurre in azioni concrete gli insegnamenti di Cristo: “Vi chiedo perdono per tutte quelle volte che noi cristiani ci siamo girati dall’altra parte”, ha detto ai senzatetto che alla fine della cerimonia ufficiale si sono stretti attorno a lui cercando quel contatto fisico che Bergoglio non nega mai ai fedeli presenti alle udienze e che solo occhi e cuori incapaci di vedere e induriti dall’indifferenza non riescono ad apprezzare nel significato profondo che esso ha. Il Papa ha così dimostrato con un gesto concreto quello che spesso si sente dire, ma raramente si riesce a mettere in pratica. Cristo ci chiede di accogliere il povero non perché è “buono”, “bello”, “leale”: sovente è vero il contrario, eppure, se vogliamo essere posti tra le pecore, alla sua destra, sappiamo quello che dobbiamo fare. Ai presenti Francesco ha affidato alcune consegne. “Non smettete di sognare”. Che cosa? Che il mondo possa essere cambiato. “Insegnateci a sognare!”. A non rimanere soddisfatti, pensando di avere tutto solo perché abbiamo tante cose. Preservare la “dignità”, la capacità “di trovare la bellezza anche nelle cose più tristi”; “poveri sì, ma sfruttati no”, ha aggiunto, riferendosi alle donne e agli uomini che vivono del proprio lavoro. “Insegnate la solidarietà” perché quando si è ricchi si dimentica di essere solidali. Infine, “date un esempio di pace” perché il mondo, come anche la Chiesa ha bisogno di pace. Se da questo Anno Santo che va a chiudersi dovesse derivare anche solo un mutato atteggiamento nei confronti di chi soffre per una povertà che non è mai solamente materiale, si potrebbe già gridare al miracolo. L’accoglienza dei migranti, che non cessano di percorrere le vie di terra e le rotte di mare, spesso mortali, alla ricerca di una condizione migliore, potrebbe rappresentare un modo per misurare quel cambiamento.

Antonio Ricci