
La settimana trascorsa, benché nella prima metà di giugno, ha servito un tempo da piena estate e nemmeno dei più graditi. Oltre alle temperature superiori alla norma, infatti, si è imposto un caldo afoso, opprimente, che ha raggiunto il pessimum sabato 14, e che domenica 15 non si è discosto troppo invertendo appena la rotta.
Scorrendo le temperature raggiunte e fermandosi ai meri numeri, non si ravvisano record né lunga persistenza dell’ondata di calore: nel 2003, all’inizio della famigerata, ardente estate di 22 anni fa, si ebbero 34°C tondi a Pontremoli già il 12 e 14 giugno, ma – e qui sta tutta la differenza – in un clima più asciutto.
Quel cha ha sorpreso, nella calura dei giorni scorsi, è stato proprio il connubio di temperature elevate e umidità, indice anch’esso del mutamento climatico in atto.
Chi ha un discreto numero di primavere sulle spalle, infatti, può ben asserire – e non come pura impressione basata sui ricordi, che a volte sono fallaci e non corroborati da quanto realmente verificatosi – il diverso e più moderato svolgersi delle estati.
Se l’aria era più umida, le temperature erano più contenute; se l’aria era più secca, il caldo diurno aveva modo di manifestarsi con maggiore intensità, ma in condizioni più vivibili e, comunque, rare erano le ondate di lunga durata.
Negli ultimi anni, ci si è resi conto che, con aria secca, le punte estreme superano i primati del passato con più facilità e che, con aria umida, come una volta, i valori massimi si contengono, ma ovviamente risultando più elevati rispetto ai decenni scorsi.
Un generalizzato peggioramento del clima, quindi, che nelle città e nelle zone già calde anche nel ‘vecchio’ clima rende l’estate una stagione di sofferenza. In Lunigiana e in vallate simili alla nostra, le condizioni sono chiaramente migliori, ma comunque non ai livelli ottimali che i non più giovani hanno sperimentato.
Lasciando da parte le emozioni e le ‘ricordanze’ del tempo che fu, c’è da aggiungere che la settimana in esame è da considerare davvero brutta, anche solo pensando al colore del cielo: indistinto, opaco, ora tendente al giallognolo, ora al grigio stratificato, ora al lattiginoso.
Un sorta di minestrone creatosi tra crescente foschia in basso (per il graduale aumento dell’umidità dell’aria) e gli aerosol in alto, dovuti al trasporto di polveri e fumi dei già citati incendi oltreoceano in territorio canadese.
Insomma, una condizione più unica che rara. Si era già vista, nelle ultime estati, un’atmosfera carica di polveri desertiche sahariane, ma la combinazione descritta è apparsa come una sgradevole novità 2025.
Sabato e domenica, un primo assaggio di temporali ha interessato le regioni padane, avvicinandosi, fra il tardo pomeriggio e la serata, al crinale appenninico: temporali di calore che non rimescolano, se non localmente ove si scaricano e per poche ore, e men che meno ricambiano l’aria.
Diverso è stato lunedì 16, quando i temporali affacciatisi da Nord sull’alta Lunigiana a metà pomeriggio, essendo legati al transito di un fronte freddo, hanno rinnovato l’atmosfera con un netto miglioramento della visibilità, il ritorno di un cielo più azzurro e messo in moto un gagliardo vento di tramontana che ha proseguito l’opera di pulizia anche martedì 17.
Unico appunto, la pioggia: già che si era avviata bene, poteva durare un po’ di più. Sotto Villafranca, non è neppure arrivata. Caduti 4,6 mm a Pontremoli e 10-15 mm sui monti, fino ai 19 mm della Cisa, massimo apporto registrato.
a cura di Maurizio Ratti, Mauro Olivieri e Giovan Battista Mazzoni