
Lo statista trentino moriva settant’anni fa, il 19 agosto 1954. Antifascista tenace, concepì la Democrazia Cristiana quale partito pluralista e interclassista

Alcide De Gasperi moriva il 19 agosto 1954: tutti d’accordo a riconoscerlo grande costruttore dell’Italia repubblicana e democratica. Portò al centro la sintesi politica Il trentino Alcide De Gasperi è stato un vero statista per aver diretto la vita politica: esperto degli affari di Stato, cambiò le cose.
Tutti gli storici gli riconoscono che ha costruito e consolidato lo Stato democratico, con coraggio ha lavorato per superare le eredità fasciste dei modi autoritari e i privilegi di potere di larga parte della società borghese e capitalista.
Praticò fedeltà alla Costituzione antifascista, la scelta repubblicana, il “metodo della libertà” e l’aver capito che si poteva convogliare verso lo Stato democratico un mondo cattolico della gerarchia e del laicato che dal 1870 aveva prima vietato integrazioni e poi conciliato a fatica i rapporti.
Diventò leader della Democrazia Cristiana, partito pluralista, interclassista, in competizione elettorale a confronto con altre formazioni politiche. Concepì “un grande movimento popolare capace di attrarre una molteplicità di consensi” per realizzare il possibile e il necessario “per ricostruire l’Italia dopo i disastri delle guerre e del fascismo” .
Nato suddito del multietnico impero asburgico aveva concepito lo Stato come efficiente macchina amministrativa. Antifascista tenace dopo l’assassinio di Matteotti, fu in carcere, poi organizzatore della ricostituita Democrazia Cristiana, non ritornò al conservatorismo dei popolari né ad una DC delegata del mondo cattolico.

Fu sempre attivo nei soli 8 anni di governo (1946-1954) a mantenere uniti i cattolici coi laici moderati, a vincere la paura del comunismo così forte in Pio XII.
Riconobbe, in una specie di “mea culpa”, che nel 1922 se fosse stata meno rigida la contrapposizione tra popolari e socialisti si sarebbe potuto evitare il disastro fascista.
Riportò l’Italia nel contesto internazionale con scelta occidentale e con la costruzione europea. De Gasperi primo ministro governò con le sinistre marxiste, ma nel 1947 si avvia la guerra fredda e i socialcomunisti escono dalla maggioranza perché condizionati dall’unico progetto di democrazia da loro accettabile, quello giacobino con al centro l’egemonia della classe operaia.
“La contrapposizione frontale fra DC e il Fronte Popolare ha arrestato il coinvolgimento dell’intera società italiana in una democrazia consociativa o dell’alternanza. La democrazia di massa rimane “zoppa” perché “delegittimata dalle principali forze di opposizione” (Roberto Ruffilli).
Non aveva mentalità da economista, sostenne l’economia liberista di mercato. Al Congresso di pace del 1947 era capo di governo di un paese sconfitto, ma riuscì a portare al minimo il prezzo da pagare, oltre alle colonie furono cedute alla Jugoslavia l’Istria e la Dalmazia. Difese l’unità e l’indipendenza dell’Italia rivendicando che c’era un’altra Italia, quella della lotta partigiana e della Resistenza, che diede un contributo decisivo alla vittoria degli alleati in Italia, riconosciuto pure dalla commissione inglese Hewitt.
Guidò la DC alla vittoria assoluta del 18 aprile 1948, però scelse di fare governi di coalizione e si oppose alle tendenze integraliste. Vennero di nuovo fuori le divisioni in correnti all’interno della DC, vizio perpetuo di tutti i partiti politici italiani, che portarono a perdite di consensi De Gasperi ebbe un forte senso dello Stato, mirò a coniugare realismo e forti idealità etiche e spirituali.
Ma si trovò a confrontarsi con un paese che non brilla in senso civico, è tornato debole e perfino assente il rapporto fra Stato e società, non c’è piena attuazione della Costituzione garante di diritti e di libertà con una corretta divisione dei poteri e interesse alle questioni sociali e a più equa distribuzione della ricchezza.
Lo statista democristiano ottenne importanti successi e mise le premesse del miracolo economico e dell’unità europea. Però il limitato dinamismo del “centrismo” D C e il filosovietismo fortemente contrastato dall’Occidente, le pressioni reazionarie della destra cattolica prima dell’accoglienza faticosa dei “fatti nuovi” del Concilio Vaticano II, e della distensione Est-Ovest portarono de Gasperi a una posizione di stallo.
Per uscirne tentò la via della democrazia “protetta” da una riforma della legge elettorale non proporzionale, con premio di maggioranza. Fu respinta come “legge truffa”. Morì con questa amarezza insieme al rifiuto da parte di Pio XII di riceverlo in udienza privata con la famiglia.
Cosa rimane dell’età degasperiana? Rimane oggi la grande considerazione del valore di un uomo di forte esperienza di fede e di vita interiore in armonia con una visione laica dei dinamismi concreti della storia. Ebbe molto di ciò che oggi manca alla politica; lo storico Pietro Scoppola osserva che si è profondamente logorata nelle radici culturali e spirituali, in formazione e competenza. Più che un “ministero” nel significato di servizio la politica è diventata un mestiere e non mancano opportunistici trasformismi.
Ricordare De Gasperi fa cogliere la distanza che ci separa da lui per spingerci “a guardare al nostro presente con occhi critici più avvertiti, più esigenti, più severi” e ricavarne “il senso di una presenza viva e di una sfida”.
Maria Luisa Simoncelli