
Un secolo fa, il 30 dicembre 1922, con la nuova costituzione nasceva la Federazione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche

Cento anni fa, il 30 dicembre 1922, nasceva la Federazione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Se ne è parlato poco di questo anniversario centenario; in un momento tragico di guerra tra due di quelle repubbliche farne ricordo poteva rinfrescare la conoscenza del passato per riflettere e vedere le strumentalità e le differenze col regime putiniano oggi al potere. Dopo la rivoluzione bolscevica del 1917 è ovvio che tutto fu “rivoltato”, radicalmente cambiato nelle terre del fu impero degli zar. Vladimiro Ulianov detto Lenin inaugurò l’istituzione del Partito-Stato in cui il segretario generale del partito unico legittimato diventa automaticamente capo del governo. Già colpito da un primo ictus si dichiarò assolutamente contro lo “sciovinismo grande-russo”
Quel 30 dicembre 1922 fu varata la nuova costituzione sovietica, l’URSS formalmente nasceva senza nessun riferimento etnico come “unione indistruttibile di libere repubbliche”, una federazione di repubbliche già autonome, dotate di uguali diritti senza disparità di rapporti tra Mosca e le altre repubbliche: Russia, Bielorussia, Ucraina, Transcaucasia comprendente anche Armenia, Georgia, Azerbaigian. Nel tempo l’URSS comprese 15 repubbliche, 8 in Asia, 7 in Europa. La volontà paritaria di Lenin non fu rispettata da Stalin, che poté rimanere molto a lungo al potere, dal 1924 al 1953 anno della sua morte, perché provvide a “purgare” il suo regime autocratico da ogni avversario.
Stalin, che pure era georgiano di nascita, fece una progressiva russificazione di tutto l’immenso territorio dell’URSS, la Repubblica di Russia con capoluogo Mosca dominò subordinando tutte le altre, tutto era retto dal governo russo, assidua fu la politica di diffusione del russo come lingua e di insediamento di popolazione russa nelle repubbliche baltiche e nelle altre confinanti, comprese le regioni sudorientali dell’Ucraina. Lo storico e giornalista Andrea Romano in un’analisi fatta in questi giorni di anniversario ha ripreso l’espressione leniniana di “sciovinismo della grande Russia”.
Anche l’eroica guerra sostenuta per sconfiggere il nazismo e il fascismo, che costò oltre 11 milioni di vittime, servì a Stalin a rafforzarsi rivendicando la vittoria ai russi, ma in realtà l’Armata rossa arruolava soldati di ogni repubblica della federazione. Anche fra noi abbiamo visto mongoli della remota terra fatti prigionieri dai tedeschi e portati al seguito con ruoli di servizio. Fu illusione pensare che l’ideologia comunista avrebbe eliminato il nazionalismo russo, radicato anche su base religiosa cristiano-ortodossa. Oggi la ricostituzione anche territoriale della “Grande Russia”, quella degli zar più che quella di Stalin, è negli obiettivi di “violenza coloniale” della guerra di Putin: il sistema neo-imperiale russo vorrebbe utilizzarlo come strumento di guerra e come consolidamento del suo potere e regime cominciando con l’invasione dell’Ucraina e negando valori e diritti di altri popoli” .
(m.l.s.)