
In Ucraina la guerra non è solo fatta di scontri armati
La guerra in Ucraina minaccia di provocare una crisi globale e di mettere a serio pericolo la sicurezza alimentare di moltissimi Paesi grazie anche all’effetto combinato di mutamenti climatici e pandemia da Covid-19. Secondo un’analisi della Coldiretti, basata su dati del Centro Studi Divulga, “con la guerra rischia, infatti, di venire a mancare dal mercato oltre un quarto del grano mondiale con l’Ucraina (nel 2020 quinto paese al mondo per esportazioni) che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate)”.
Le razzie di cereali sui territori ucraini occupati, riducendo le scorte, aggravano l’allarme fame per i Paesi già segnati da una crisi alimentare. Peggio, dalla carestia”. Nel 2021, secondo stime della Fao, le persone colpite da grave insicurezza alimentare nel mondo hanno raggiunto la cifra di quasi 200 milioni, e i numeri sono destinati a crescere. Secondo fonti ucraine, i russi avrebbero rubato almeno 600mila tonnellate di grano nei territori occupati.
Le esportazioni dai porti ucraini sul Mar Nero sono ferme poiché la Russia non permette la creazione di corridoi se prima l’Ucraina non procede alla rimozione delle mine poste per evitare un’invasione via mare. Intanto, si avvicina il tempo del raccolto, previsto per la fine di luglio con un – 40% rispetto al 2021), e per questo si cerca di svuotare i magazzini dove si stima che ci siano ancora 22 milioni di tonnellate del 2021 bloccate nei silos. Secondo la Fao ci sarebbero circa 10 settimane di tempo.
Questa situazione sta evidenziando in modo drammatico “la vulnerabilità” dei Paesi mediorientali e dell’Africa, dove il 40% della domanda di grano, già prima della guerra, era garantita dalle esportazioni di Russia e Ucraina. La mancanza di pane adesso potrebbe fare da detonatore all’instabilità politica e sociale. Tra i Paesi più esposti ci sono l’Egitto, che ogni anno spende circa 4,5 miliardi dollari per approvvigionarsi di grano da Russia e Ucraina; la Siria, storico alleato di Putin, dove oltre il 60% della popolazione totale è stimata vivere in condizioni di insicurezza alimentare.
A rischio sono anche Tunisia, Yemen, Libia e Libano, tutti dipendenti dalle forniture di grano dei due Paesi. Mancano anche altri prodotti come olio da cucina e latte in polvere, sempre provenienti da Russia e Ucraina, e i prezzi dei prodotti alimentari essenziali sono cresciuti del 20%. Grossi problemi anche in Asia per Pakistan, Indonesia e Afghanistan; in quest’ultimo Paese metà della popolazione – 23 milioni di persone, tra cui 14 milioni di bambini – fa i conti con la fame.