
Il Motu proprio del Papa adegua le regole della Santa Sede alla Convenzione di Merida
“La fedeltà nelle cose di poco conto è in rapporto, secondo la Scrittura, con la fedeltà in quelle importanti. Così come l’essere disonesto nelle cose di poco conto, è in relazione con l’essere disonesto anche nelle importanti”. Così, con un rimando al Vangelo di Luca (Lc 16,10), il Papa inizia il Motu proprio, reso pubblico lo scorso 26 aprile, “recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica” della Santa Sede. Il documento, definito da molti come un ulteriore “giro di vite” sul modo di amministrare i beni della Chiesa, tecnicamente rappresenta l’adesione alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Merida); in tal modo, scrive Francesco, la Santa Sede “ha deciso di conformarsi alle migliori pratiche per prevenire e contrastare la corruzione nelle sue diverse forme”.
Norme importanti in materia, ricorda, “erano state dettate già con la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio del 19 maggio 2020, “sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”, con quel provvedimento, afferma il Pontefice, “sono stati posti presidi fondamentali nel contrasto alla corruzione nella materia dei contratti pubblici”.
Essendo, però, la gestione delle finanze del Vaticano materia molto complessa, e dato che “la corruzione può manifestarsi in modalità e forme differenti anche in settori diversi da quello degli appalti” il Papa ha deciso di uniformare le normative del suo Stato alle “migliori prassi a livello internazionale”, che “prevedono per i soggetti che ricoprono ruoli chiave nel settore pubblico particolari obblighi di trasparenza ai fini della prevenzione e del contrasto, in ogni settore, di conflitti di interessi, di modalità clientelari e della corruzione in genere”.
Chi vuole può leggervi un stop a tante situazioni imbarazzanti emerse nel corso di questi ultimi tempi ma è fuori di dubbio che con tale provvedimento il Papa abbia soprattutto inteso guardare al futuro, ponendo rigide condizioni a chi voglia proporsi o debba essere scelto per amministrare i beni della Santa Sede. Di fatto, Papa Francesco chiede che i dirigenti e gli amministrativi in servizio negli organismi vaticani dichiarino una trasparenza di condotta e di proprietà di beni personali che dovrebbe fornire un contributo fondamentale a mantenere sani gli organismi che gestiscono le finanze vaticane. Il motu proprio integra il Regolamento generale della Curia romana, con articoli che riguardano tutti: dai cardinali capi dicastero ai vicedirettori con contratto dirigenziale, fino a chi ha funzioni di amministrazione attiva, di controllo o di vigilanza.
Al momento dell’assunzione dovranno sottoscrivere una dichiarazione (da rinnovare ogni due anni) nella quale gli stessi affermino di non avere condanne o indagini per corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio, sfruttamento di minori, evasione fiscale; inoltre non potranno avere beni nei paradisi fiscali o investire in aziende che operano contro la Dottrina della Chiesa.
Si stabilisce inoltre che tutti i dipendenti vaticani non possono accettare regali di valore superiore ai 40 euro. La dichiarazione deve riguardare anche i rapporti dei dipendenti vaticani con la giustizia. Questi dovranno infatti dichiarare di non aver riportato condanne definitive, non solo in Vaticano ma anche in altri Stati; di non aver beneficiato di indulto, amnistia o grazia, e di non essere stati assolti per prescrizione. Di non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio di proventi di attività criminose, sfruttamento di minori, tratta o sfruttamento di esseri umani, evasione o elusione fiscale. Il provvedimento tocca il tema del “denaro sporco”: si dovrà, infatti, dichiarare di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti o partecipazioni in società e aziende in Paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni ad alto rischio di riciclaggio. Controlli sulla veridicità delle dichiarazioni potranno essere effettuati dalla Segreteria per l’Economia e, in caso di dichiarazioni false, il dipendente potrà essere licenziato.