Mons. Silvani al pontificale di San Geminiano, “I valori cristiani si difendono con una vita di fede”

Il testo integrale dell’omelia del vescovo di Volterra al pontificale in onore di S. Geminiano, patrono di Pontremoli

  1. 06monsSilvani1Ho gradito l’invito del nostro vescovo Giovanni di partecipare a questa celebrazione di san Geminiano, perché al ricordo delle celebrazioni del tempo passato si aggiunge l’occasione di un saluto fraterno, con lui, con il vescovo Eugenio) con il clero, i laici, le autorità, i cavalieri, le confraternite, le associazioni, con gli amici di Modena che ci onorano della loro presenza. Certamente le nostre celebrazioni sono a gloria di Dio e a onore dei santi, ma sono anche l’occasione per alimentare ed esprimere la nostra fede nell’incontro con i fratelli. Non sono i santi che hanno bisogno di feste, siamo noi che ne abbiamo bisogno.
  2. San Geminiano muore a Modena nell’anno 397, lo stesso anno di sant’Ambrogio a Milano, di san Martino a Tours, trent’anni dopo sant’Ilario a Poitiers e trentatré anni prima di Sant’Agostino a Ippona. Insieme a costoro e ad altri santi vescovi ha raccolto I’eredità dell’impero romano e ha tenuto a battesimo la formazione dell’Europa dei popoli. Il momento in cui sono vissuti era particolarmente delicato e richiedeva la presenza di persone illuminate in grado di adempiere due missioni speciali. Prima di tutto hanno guidato la Chiesa e difeso l’ortodossia della fede espressa dal concilio di Nicea e messa in discussione da molte parti; in secondo luogo sono stati l’unico riferimento fisso anche per la società civile e hanno accolto nella Chiesa i popoli barbari che venivano in Europa da ogni parte. Essi hanno esercitato di fatto il loro ministero come un servizio a tutto campo, religioso e civile, mantenendo l’antico e integrando il nuovo.
  3. Per sottolineare questa missione sono state scelte due letture che ci parlano dell’incarico dell’uomo di Dio. Il profeta Ezechiele è posto come sentinella in mezzo al popolo, con il compito di difendere la comunità: “Ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia” (Ez 3,17). San Paolo si immedesima con questo incarico e confessa candidamente: “Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1 Cor 9,16). Per l’apostolo Paolo la proclamazione del vangelo è come un destino o una necessità alla quale non può sottrarsi senza rovina o perdizione personale: per lui vivere ed evangelizzare si fondono insieme in una cosa sola.
  4. Una riflessione che completa questo impegno di predicazione e di guida ci viene dal brano di Vangelo. Di fronte all’abbondanza della messe e alla scarsità degli operai, Gesù raccomanda una cosa sola: “Pregate il padrone della messe”. Molti cristiani anche seriamente impegnati sono figli di un’epoca razionalista e relativista, sono succubi di una cultura dominante che vorrebbe essere cristiana, ma che in realtà non percepisce i valori dello spirito. Quindi anche per il problema dell’evangelizzazione e delle vocazioni si cercano soluzioni umane o politiche, trascurando le risorse della grazia e della fede, come se la diffusione del Vangelo fosse un fatto di mercato. Invece di ricorrere alla preghiera e alla fiducia in Dio, si tende ad agire per conto proprio sfornando piani pastorali in ordine sparso.
  5. Nei secoli che stanno tra la fine dell’impero romano e l’inizio del Medioevo questi vescovi hanno cristianizzato l’Europa e hanno accolto i nuovi popoli barbari. Hanno potuto far questo per l’autorevolezza della loro persona e con la chiarezza delle idee, per la solidità della cultura che avevano e soprattutto con la consapevolezza del primato dello spirito. Ogni epoca conosce le proprie crisi, e quelle che attraversiamo noi sono riconducibili alla mancanza di cultura e di riferimenti spirituali. La cultura non è solo conoscenza di un mondo passato, ma la capacità di comprendere e valutare le situazioni senza drammatizzare. È il frutto dell’esercizio delle facoltà spirituali e conoscitive di chi vive in continua tensione verso cose più grandi. Pertanto dimostra scarsa cultura sia il cosiddetto tradizionalista che vive prigioniero della sua meschinità, sia il progressista che vive nella rigidità delle sue convinzioni.
  6. 06monsSilvaniPrendiamo atto che in tutto il mondo occidentale il pensiero cristiano vive in trincea, influenzato in maniera impercettibile ma reale dalla crisi culturale. Riconosciamo di essere diventati minoritari, ma proclamiamo alti e forti i nostri valori con il nostro stile di vita. La realtà che stiamo vivendo esige dai cristiani qualcosa di più di una semplice bontà personale e di un generico attaccamento alla tradizione. Se ci mostreremo persone di fede, dediti alla preghiera e innamorati delle nostre comunità cristiane, contenti delle nostre scelte e non maldicenti, saremo anche contagiosi nella trasmissione della fede. Solo l’incontro con persone toccate nel cuore da Dio può far rinascere quei tessuto cristiano che tanta parte ha avuto nella storia della nostra civiltà. Quello che conta è incontrare dei fratelli che si amano in Cristo, che mostrano i segni della fede, l’amore e l’unità, insomma incontrare una comunità cristiana viva, come quelle dei primi secoli.
  7. La poca cultura che si riscontra nella società civile si ripercuote anche all’interno della Chiesa, per cui si vive di espedienti, di improvvisazioni, di novità che rasentano l’eresia. Molti si accontentano di prendere alcuni aspetti marginali del cristianesimo per fronteggiare e difendersi dai nuovi popoli che arrivano, ma non si propongono un ritorno all’ordine morale. Per questo la battaglia folkloristica per l’esposizione dei crocifissi e l’allestimento dei presepi non interessa più di tanto i veri cristiani, perché chi rivendica una identità cristiana senza riferimenti ai valori cristiani non fa altro che accelerare la scristianizzazione. I valori cristiani si difendono vivendo una vita di fede.
  8. Mentre prendiamo atto della situazione esistente, non dimentichiamo che negli imprevedibili giri della storia la Chiesa è sempre riuscita a riemergere: è veramente un organismo misterioso che cresce e si sviluppa in maniera inarrestabile. Per quanto la si soffochi con la violenza o si cerchi di sedurla con la promessa di prestigio, la Chiesa dopo ogni crisi riemerge in maniera imprevedibile, come un fiume carsico, e anche oggi vediamo con consolazione che aumenta il numero di coloro che scoprono il battesimo da adulti e si impegnano responsabilmente nella vita cristiana. Ma è solo sotto l’azione dello Spirito che la Chiesa può continuare la sua missione.
  9. In conclusione non perdiamoci di animo; teniamo presente che il piccolo numero di cristiani deve compensarsi prima di tutto con una intensa vita di fede, che si nutre e cresce con l’ascolto della Parola, con la preghiera e i sacramenti, e poi con la formazione che rende ogni cristiano consapevole della propria missione. I nostri santi prima di essere sugli altari sono state persone che hanno fatto la storia, e non solo la storia della Chiesa, ma la storia dell’Europa. Sono stati uomini di preghiera e di carità, di guida spirituale e di impegno sociale. Hanno messo a frutto i doni e le capacità di cui disponevano; ora vivono beati attorno al trono di Dio, risplendono sul cammino della Chiesa come segno di sicura speranza e non cessano di intercedere per noi.