L’omelia di mons. Alberto Silvani al pontificale in onore di S. Geminiano, patrono di Pontremoli
Mons. Alberto Silvani, vescovo di Volterra, ha presieduto il pontificale in onore di S. Geminiano, patrono di Pontremoli, rispondendo al gradito invito del vescovo diocesano, mons. Giovanni Santucci. Un rientro nella diocesi di origine – ricordiamo, anche se noto ai più, la sua nascita nel paese di Virgoletta (Villafranca) – che, come lo stesso vescovo Alberto ha detto in apertura di omelia (qui il testo integrale), ha contribuito al “ricordo delle celebrazioni del tempo passato” e gli ha permesso lo scambio “di un saluto fraterno, con il vescovo Giovanni, con il vescovo Eugenio, con il clero, i laici, le autorità, i cavalieri, le confraternite, le associazioni, con gli amici di Modena che ci onorano della loro presenza”.
Come ormai accade da qualche anno, alla solenne celebrazione liturgica hanno presenziato, a fianco del sindaco di Pontremoli, rappresentanze dei comuni di Modena, S. Gimignano, Filattiera, Berceto e Luni; presenti in duomo anche i comandanti a livello locale e provinciale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza e il questore di Massa. Nel corso della funzione liturgica i rappresentanti di Pontremoli, di Modena, di S. Gimignano e della confraternita di S. Geminiano di Modena hanno consegnato le offerte – ceri e olio – nelle mani del celebrante.
Un ringraziamento, a nome di tutta la città, è stato espresso dal vescovo Giovanni al confratello Alberto per aver accettato di essere ospite di riguardo in occasione della festa del patrono. Entrando nel tema della giornata, mons. Silvani ha unito al nome di Geminiano, morto a Modena nell’anno 397, quelli di altri grandi della Chiesa del tempo: “sant’Ambrogio morto lo stesso anno a Milano, san Martino a Tours, trent’anni dopo sant’Ilario a Poitiers e trentatré anni prima di Sant’Agostino a Ippona… Insieme a costoro e ad altri santi vescovi [S. Geminano] ha raccolto I’eredità dell’impero romano e ha tenuto a battesimo la formazione dell’Europa dei popoli”.
Due sono le “missioni speciali” che, in un momento particolarmente delicato questi grandi personaggi hanno adempiuto: “prima di tutto hanno guidato la Chiesa e difeso l’ortodossia della fede espressa dal concilio di Nicea… in secondo luogo sono stati l’unico riferimento fisso anche per la società civile e hanno accolto nella Chiesa i popoli barbari che venivano in Europa da ogni parte… mantenendo l’antico e integrando il nuovo”.
Facendo riferimento alle due letture proclamate, il vescovo di Volterra ha sottolineato lo stretto legame che per l’uomo di Dio esiste tra “vivere ed evangelizzare”: il profeta Ezechiele è posto a sentinella “con il compito di difendere la comunità”, per l’apostolo Paolo “la proclamazione del vangelo è come un destino o una necessità alla quale non può sottrarsi senza rovina o perdizione personale”. Nel brano del Vangelo, poi, “di fronte all’abbondanza della messe e alla scarsità degli operai, Gesù raccomanda una cosa sola: Pregate il padrone della messe”.
Molti cristiani, invece, “cercano soluzioni umane o politiche, trascurando le risorse della grazia e della fede… Invece di ricorrere alla preghiera e alla fiducia in Dio, si tende ad agire per conto proprio sfornando piani pastorali in ordine sparso”. Le crisi che stiamo attraversando – ha proseguito – sono riconducibili alla mancanza di cultura e di riferimenti spirituali. “La cultura è il frutto dell’esercizio delle facoltà spirituali e conoscitive di chi vive in continua tensione verso cose più grandi. Pertanto dimostra scarsa cultura sia il cosiddetto tradizionalista che vive prigioniero della sua meschinità, sia il progressista che vive nella rigidità delle sue convinzioni”.
Il cristiano si trova oggi in una posizione minoritaria ma da questo dovremmo ricevere una spinta a proclamare “alti e forti i nostri valori con il nostro stile di vita… Solo l’incontro con persone toccate nel cuore da Dio può far rinascere quel tessuto cristiano che tanta parte ha avuto nella storia della nostra civiltà. Quello che conta è incontrare dei fratelli che si amano in Cristo… insomma incontrare una comunità cristiana viva, come quelle dei primi secoli”.
La carenza di cultura si ripercuote anche all’interno della Chiesa: “molti si accontentano di prendere alcuni aspetti marginali del cristianesimo per fronteggiare e difendersi dai nuovi popoli che arrivano”, ma “la battaglia folkloristica per l’esposizione dei crocifissi e l’allestimento dei presepi non interessa più di tanto i veri cristiani” perché “i valori cristiani si difendono vivendo una vita di fede”.
Ricordando che “negli imprevedibili giri della storia la Chiesa è sempre riuscita a riemergere”, a conferma del fatto che “è veramente un organismo misterioso che cresce e si sviluppa in maniera inarrestabile”, il vescovo Alberto ha ricordato che “anche oggi vediamo con consolazione che aumenta il numero di coloro che scoprono il battesimo da adulti e si impegnano responsabilmente nella vita cristiana”. Da qui l’invito a non perdersi d’animo e a compensare certe carenze “prima di tutto con una intensa vita di fede… e poi con la formazione che rende ogni cristiano consapevole della propria missione, seguendo l’esempio dei santi che, avendo messo a frutto i doni e le capacità di cui disponevano, “ora vivono beati attorno al trono di Dio”.
(Antonio Ricci)