Quando la vita ti viene a trovare

36libroChe cosa succede quando la vita ti viene a trovare? Può accadere qualcosa di insopportabile, come insopportabili sono le verità scomode. Improvvisamente maschere e apparenze si sgretolano e fa la sua comparsa la nuda realtà. La vita ti presenta il conto. Nei momenti difficili onori, ricchezze, potere, fama, successo si rivelano per quello che sono: inganni, manipolazioni, distrazioni incompatibili con la conoscenza di sé, del proprio destino, del rapporto con la natura.
“Quando la vita ti viene a trovare” (Laterza 2019, pagg. 144, 14 euro) è il titolo di un saggio stupendo di Ivano Dionigi, insigne latinista che sa unire rara competenza e esemplare chiarezza espositiva. Un libro, il suo, non per specialisti, ma per tutti coloro che vogliono uscire dallo stordimento a cui l’epoca attuale ci condanna. Dionigi, che dirige il Centro Studi “La permanenza del classico”, mi permette di riprendere il discorso già avviato sulle pagine di questo giornale. Sappiamo ancora quali sono le domande fondamentali dell’esistenza? La cultura classica è la grande malata, trascurata nella scuola, superflua in una società orgogliosa delle magnifiche sorti dovute al progresso tecnico.
Eppure le domande sulla felicità, sul dolore, sulla morte sono ineludibili e senza il ricorso ai classici la caduta nella banalità è inevitabile. Tornare agli antichi significa allora riprendere l’abitudine di interrogarsi sulla virtù, sulla saggezza, sulla stoltezza, sulla collocazione dell’uomo nell’universo, sul rapporto fra il fare (negotium) e il pensare (otium), sull’amore, sulla guerra, sulla solitudine, sul bene comune, insomma sui grandi temi indispensabili a una vita dignitosa e consapevole.
La bellezza del libro di Dionigi è data dal fatto che l’autore mette a confronto due scuole di pensiero (stoicismo e epicureismo) e due giganti come Seneca e Lucrezio. Seneca, consigliere del principe (Nerone) dal quale si allontanerà pentito dell’errore: Lucrezio, allergico a qualsiasi protezione, coerente con i suoi principi contrari all’impegno politico. L’antipolitica era tendenza già diffusa nell’antica Roma. Straordinario il capitolo su un immaginario tête à tête fra Seneca, ammirato dagli scrittori cristiani, e Lucrezio, poeta scomodo, del quale si doveva dir male (Lattanzio, S. Girolamo) per la pericolosità della sua teoria atomistica avversa alla religione.
Dopo secoli di oblio sarà P. Bracciolini a ritrovare il testo del De rerum natura, nel 1417. Dibattito riaperto e nuove condanne, fra le quali è nota quella di Giordano Bruno, lucreziano perfino nello stile. Già nell’antica Roma l’epicureismo era considerato con sospetto, per il suo carattere eversivo di certezze consolidate su cui poggiava il rapporto politica-religione. Ma il tempo finirà per decretare la modernità di una filosofia a lungo soccombente.
Il pregio del libro di Dionigi è quello di sollecitare il lettore a prendere parte al dibattito fra stoici e epicurei, non per mettersi faziosamente dalla parte degli uni o degli altri, non per far propria una verità che pretenda di essere definitiva e assoluta, ma per rimanere nel campo delle domande. Ancor prima dell’avvento del cristianesimo si sapeva che nell’universo infinito non c’è nessuna centralità e nessuna gerarchia. Può bastare questa considerazione per sentire Lucrezio nostro contemporaneo e per tornare a interrogarci su ciò che ci impedisce di vivere in modo sereno e dignitoso. Se per secoli la visione lucreziana non fosse stata osteggiata, oggi, forse, il mondo sarebbe diverso.

Pierangelo Lecchini