In Perpetuum, ad Aulla un’esperienza affascinante

Si è conclusa in San Caprasio la mostra collettiva di arte contemporanea

36InPerpetuumLa natura ospitativa del Museo Archeologico dell’Abbazia di San Caprasio in Aulla crea l’occasione affinché il complesso possa essere un polo dinamico, aperto a tutte le arti, incluso quelle considerate di più difficile fruizione. Come l’arte contemporanea, ad esempio.
Da qui la sfida lanciata dal direttore Riccardo Boggi per l’estate appena conclusa: come i materiali, la storia e le opere esposte nel comprensorio – una collezione in divenire, poiché ancora si scava, si scopre, si trova – con il loro portato storico…: possono essere messi a confronto con gli artisti degli anni Duemila? Come recepiscono, come possono restituire, come possono dialogare, se possibile, gli artisti di oggi, con questo passato, che talvolta s’indovina appena?
Da questi interrogativi è nata “In Perpetuum”, l’esposizione collettiva internazionale che dal 26 luglio al 22 settembre si è snodata lungo tutto lo spazio museale. Il catalogo, edito da Bandecchi & Vivaldi, è stato presentato sabato scorso, 21 settembre alla presenza del sindaco. Dieci gli artisti coinvolti attorno al tema: per dare forma alla loro idea, si sono serviti di materiali e tecniche molto diverse: la contaminazione, con il recupero di oggetti edili o domestici poi sovrapposti o sottoposti a processi chimici; l’utilizzo di antiche tecniche fotografiche come la calotipia e la cianotipia o l’utilizzo di modernissime tecniche fotografiche come la stampa su marmo; la lavorazione della terracotta, con tecnica dell’ingobbio o quella giapponese Raku; l’utilizzo di collages; marmi bianchi di Carrara, travertino, resine e colori a olio. Un allestimento fatto di rimandi, ritorni, variazioni, assonanze interne, consonanze esterne, ripercussioni, compenetrazioni, specularità: resta il catalogo a ricordarlo.
Mentre il complesso di San Caprasio continua ad agire come un moltiplicatore di senso, dove la storia non si annulla ma si valorizza. Le opere di Cristina Balsotti, Girolamo Ciulla, Stefano Lanzardo, Emi Ligabue, Alessio Manfredi, Maria Riva Christiansen, Danilo Sergiampietri, Cordelia von den Steinen, Fulvio Wetzl, Serena Zanardi, si sono affiancate a quelle della collezione museale, richiamando l’attenzione sugli oggetti e i reperti archeologici presenti, potenziandone o smascherandone il significato.
“In questo processo – ha evidenziato la critica d’arte Beatrice Audrito – il luogo diventa dunque un fattore determinante in grado di guidare il fruitore nel processo di costruzione di senso, che passa attraverso le caratteristiche architettonico-spaziali del Museo, la sua storia, la memoria collettiva, i simboli e la sua funzione sociale; una chiave di lettura unica capace di offrire una rilettura nuova di qualsiasi opera, antica o moderna, collocata nello spazio del Polo”.

(M.S.)