
La Caritas lancia l’idea di ristrutturare il piccolo cimitero di Armo
Un cimitero dei migranti a Reggio Calabria, che diventi luogo simbolico ed educativo per tutta la comunità, a ricordare tutti coloro che non ce l’hanno fatta ad attraversare il Mediterraneo. Come i due naufragi dei giorni scorsi, uno nell’Egeo con 9 migranti morti, tra cui 6 bambini, l’altro al largo della Tunisia, 48 corpi senza vita ripescati finora. Sono oltre 31.100 le vittime del mare dal 1988 ad oggi, incrociando vari dati.
È l’iniziativa lanciata dalla Caritas diocesana di Reggio Calabria-Bova, che propone alle Caritas diocesane di tutta Italia di contribuire ai lavori di ristrutturazione del cimitero. “Sarebbe bello inaugurarlo a novembre, nelle giornate della commemorazione dei defunti”, anticipa al Sir il direttore don Nino Pangallo.
Il piccolo cimitero di Reggio Calabria ha visto arrivare molte vittime del mare: il 26 maggio 2016 ben 45 salme, tra cui donne che avevano appena partorito e bambini molto piccoli. “Negli anni è diventato, in maniera spontanea, un luogo di riferimento per i volontari, le scuole, gli scout”, spiega don Pangallo.
“È un simbolo del percorso non compiuto di chi ha affrontato il viaggio”. La Caritas diocesana accoglie ancora uno dei bambini di quel naufragio, rimasto orfano della giovane madre. “Vorremmo curare meglio le tombe dei migranti, coinvolgendo le Caritas diocesane per aiutare il Comune nella spesa. Dobbiamo reperire almeno 100.000 euro”.
Al momento ci sono 80 tombe. Tra le vittime ci sono cristiani copti egiziani, un nepalese, alcuni musulmani e persone sconosciute. Le tombe non sono trascurate perché la gente del posto è molto attenta ma sono semplicemente interrate senza nessun segno.
“Noi vorremmo curare, dice don Nino, tutte le sepolture magari con una piccola lapide con i vari simboli – cristiani, musulmani, ecc. – e con un simbolo per gli sconosciuti. Vorremmo mettere un po’ di brecciolino e qualche bordo per ogni singola sepoltura e creare uno spazio dove far incontrare la gente”. Il progetto prevede anche la realizzazione di un piccolo monumento che richiami la porta di Lampedusa: “Mentre a Lampedusa è una porta compiuta perché le persone ce l’hanno fatta, noi vorremmo mettere una porta spezzata per chi non è riuscito”.
“Ci sembra molto bello coniugare le due opere di misericordia: accogliere lo straniero e seppellire i morti”. “Mostrare il luogo della sepoltura di chi non ce l’ha fatta – sostiene don Pangallo – può essere molto forte dal punto di vista educativo, soprattutto nell’attuale congiuntura politica in cui non riusciamo ancora a capire che prospettive ci saranno rispetto all’accoglienza dei migranti”.
“Noi sogniamo un Mediterraneo unito senza muri”. Chi vorrà contribuire potrà rivolgersi direttamente alla Caritas di Reggio Calabria-Bova.