“Il Giubileo sia un’opportunità per raggiungere la pace”

Il card. Matteo Zuppi al Consiglio permanente della CEI. “La tregua raggiunta in Terra Santa rafforzi la pace e avvii un nuovo processo che porti ad un futuro concreto”. “creare un fondo di lotta alla povertà invece di riempire gli arsenali”.

La visita del card. Pizzaballa tra le rovine di Gaza nella primavera scorsa (Foto Latin Parish/Romanelli)

“Il Giubileo offra l’opportunità per raggiungere i tanto attesi e indispensabili negoziati che trovino soluzioni giuste e durature, con una forte ripresa della presenza della comunità internazionale e del multilateralismo e degli strumenti necessari per garantire il diritto e non il ricorso alle armi per risolvere i conflitti”.
È l’appello del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nella sua introduzione al Consiglio permanente dei vescovi italiani. “La tregua raggiunta in Terra Santa rafforzi la pace e avvii un nuovo processo che porti ad un futuro concreto”, il riferimento all’attualità: “La Chiesa in Italia è vicina a Israele perché possa riabbracciare finalmente i propri cari rapiti, avere la sicurezza necessaria e continuare a lottare contro l’antisemitismo che si manifesta dentro forme subdole e ambigue”, ha assicurato Zuppi condannando ancora una volta i “fenomeni di risorgente antisemitismo, mai accettabili”.

Il card. Matteo Zuppi (Foto Siciliani – Gennari/SIR)

“La Chiesa in Italia – ha proseguito – è vicina ai palestinesi e alla loro sofferenza perché si possa finalmente avviare un percorso che permetta a questo popolo di essere riconosciuto nella sua piena dignità e libertà”. Poi la condanna della produzione e del commercio delle armi, più volte stigmatizzata dal Papa, e il rilancio della proposta di “creare un fondo di lotta alla povertà invece di riempire gli arsenali”.
Per il cardinale, il Giubileo può essere “un momento opportuno per rinnovare il rapporto con quella che alcuni sociologi definiscono l’area grigia: un’estroversione non occasionale delle nostre comunità”. “Non si tratta di mirare a piccoli risultati, ma di riprendere con tutti e con speranza paziente il filo grande di un discorso parzialmente interrotto”, ha precisato il presidente della Cei.
“Mi piacerebbe che l’anno giubilare costituisse il tempo in cui riflettiamo e maturiamo insieme non la volontà di essere una ‘minoranza’ triste, ma il coraggio di diventare ‘minori’ felici, nel senso in cui la spiritualità francescana ci ha spiegato questa idea”.
E l’augurio per la Chiesa italiana: “Penso al Giubileo come a un tempo in cui individuare i piccoli delle nostre diocesi e metterci al loro servizio, perché cresca in loro la speranza e si prepari così anche il Regno di Dio. Penso alle persone con disabilità e alle loro famiglie. Penso alle vittime di abusi, la cui sofferenza portiamo nel cuore e ci impegna con rigore nel contrasto e nella prevenzione. Penso ai carcerati”.
A questo proposito, il presidente della Cei ha ringraziato il presidente Mattarella per il messaggio di fine d’anno, ribadendo la necessità di “assicurare condizioni dignitose a quanti vengono privati della libertà” e di offrire “misure alternative che, oltre a prevenire la reiterazione di un reato, salvaguardano l’umanità e favoriscono il reinserimento nella società”.
Sul piano politico, la Cei guarda “con simpatia agli sforzi per una rinnovata presenza dei cristiani nella vita politica del Paese e dell’Europa, a partire dalla Settimana Sociale di Trieste”.

Le diocesi sono un faro di accoglienza

Bambini palestinesi nella Striscia di Gaza

“La pace è pensarsi insieme e lo scandalo della guerra e della guerra in Europa deve impegnarci tutti a cercare le vie, possibili, del dialogo, per una pace giusta e duratura”, l’indicazione di rotta di Zuppi, che ha inviato la Caritas “e quanti desiderano aiutare il popolo ucraino a garantire anche quest’anno accoglienza ai bambini orfani o colpiti dalla guerra nelle vacanze estive”.
Sul piano economico, “Il Giubileo può diventare una occasione per tornare a bussare alla porta dei Paesi ricchi, compresa l’Italia, perché rimettano i debiti dei Paesi poveri, che non hanno modo di ripagarli”.
“Le diocesi italiane sono un faro di accoglienza per oltre 146.000 persone di origine straniera – l’omaggio del cardinale – Accanto ai corridoi umanitari, lavorativi e universitari sono un esempio concreto di come sia possibile conciliare il diritto a migrare con l’integrazione e lo sviluppo locale”.
Poi il riferimento alla campagna Cei “Liberi di partire, liberi di restare”: e “liberi di tornare”, “uscendo finalmente da una logica esclusivamente di sicurezza, questione evidentemente decisiva, per rafforzare la cooperazione, in particolare con l’Africa”.

M.M. Nicolais Agenzia SIR