
Nella domenica in cui Papa Francesco invitava i fedeli a vivere una giornata di preghiera e digiuno per invocare da Dio la pace su tutta la terra, all’Angelus annuncia i nomi di 21 nuovi cardinali, quattro italiani, che riceveranno la porpora l’8 dicembre. Non è, probabilmente, una coincidenza. In quei nomi è rappresentata tutta la Chiesa, dalle grandi arcidiocesi sparse per il mondo alle Chiese più periferiche, anche minuscole, come la Chiesa iraniana, Tra loro ci sono arcivescovi di grandi capitali del mondo: Lima (Perù), Tokyo (Giappone), Belgrado (Serbia), Abidjan (Nigeria), Algeri (Algeria) e Teheran (Iran), oltre a Toronto che pur non essendo una capitale è una grande metropoli. Ma ci sono anche vescovi di Chiese come Ecuador, Filippine, Costa d’Avorio, Indonesia. «La loro provenienza, ha detto il Papa, esprime l’universalità della Chiesa che annuncia l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della terra. L’inserimento nella Diocesi di Roma manifesta poi l’inscindibile legame tra la sede di Pietro e le Chiese particolari diffuse nel mondo». Sottolineare l’universalità e dare voce alle più disparate comunità ecclesiali, per lingua, cultura, etnia, significa anche mandare un messaggio di effettiva possibile inclusione in un mondo sempre più teso ad alzare muri, ostilità, se non odio. Dare voce anche a Chiese minuscole o immerse in contesti difficili significa anche tenere aperte le porte al dialogo tra i popoli.
Non mancheranno polemiche o delusioni, soprattutto in Italia per la mancata “promozione” di sedi storicamente accreditate come Milano, Venezia, Napoli, Palermo (solo Torino vede eletto cardinale il suo arcivescovo). La stessa cosa si potrebbe dire delle Chiese europee. Anche questo però, come sta accadendo sul piano della rilevanza politica internazionale, è il segno che il baricentro degli interessi anche religiosi si sta spostando in altri mondi. Di fronte ad una Chiesa stanca, quasi prostrata dalla secolarizzazione, c’è una Chiesa viva, spesso crocifissa che da la sua testimonianza in altri mondi.

Simbolo di questa universalità e di questa presenza della Chiesa nei mondi remoti è la nomina a cardinale di mons. Angelo Acerbi, ordinato sacerdote nel 1948 a Pontremoli. Nel 1956 è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede. Ha prestato il proprio servizio nelle Rappresentanze Pontificie in Colombia, Brasile, Francia, Giappone e Portogallo, Ungheria e Moldavia, nei Paesi Bassi, in Nuova Zelanda e Delegato Apostolico nell’Oceano Pacifico. Ha 99 anni e non potrà entrare in un eventuale conclave. Il Nunzio Apostolico è il rappresentante del Papa ed ha compiti di natura ecclesiale (rapporti con le Chiese locali) e di natura diplomatica (rapporti con gli Stati). è evidente la delicatezza del ruolo. Mons. Acerbi, col suo servizio a tutto campo in ogni parte del mondo, rappresenta concretamente l’immagine della Chiesa universale.
Giovanni Barbieri