Il ritrovamento di una vecchia cartolina delle Opere Missionarie Francescane riporta alla luce la storia dimenticata di un figlio della Lunigiana
Il ritrovamento da parte di chi scrive di una vecchia cartolina (qui a lato) proveniente dalle Opere Missionarie Francescane del Santuario del Sacro Cuore di Busto Arstizio ha ridestato l’interesse per una figura ormai caduta in oblio nella stessa terra lunigianese che gli diede i natali.
Giovanni Dalla Porta nacque a Virgoletta il 25 febbraio 1593, discendente di una nobile famiglia locale di probabile origine novarese, strettamente legata ai marchesi Malaspina dello Spino Secco.
Giovanni Dalla Porta nacque a Virgoletta il 25 febbraio 1593 e studiò nel Collegio Romano dei Gesuiti.
Studiò l’arabo e si avviò alla Missione in Etiopia dove tuttavia non riuscì ad arrivare
Degno di nota è anche suo fratello, don Mattia di Gabriello, che fu canonico della chiesa di Santa Maria della Rotonda in Roma, dove morì nel 1671.
Giovanni, recatosi a Roma col fratello Mattia, studiò presso i padri gesuiti al Collegio Romano. Fece poi domanda di essere accettato nella provincia dei Frati Minori Riformati di Roma. Divenne poi così Padre Antonio da Virgoletta.
Percepì una profonda vocazione alla vita missionaria. Volle allora studiare la lingua araba e quella siriaca, che apprese presso il convento di San Pietro in Montorio a Roma. Nel Collegio delle missioni si preparò a quanto lo attendeva, compendiando i suo propositi in queste parole: “O Signore, togli tutto, ma dammi delle anime!”.
Nel 1630 la sua prima esperienza sull’isola di Cipro, dove fu lettore della scuola di arabo, gli fece conoscere la difficoltà di operare nei territori posti sotto l’influenza dell’Impero Ottomano. Nel 1633 Propaganda Fide affidò la travagliata Missione dell’Etiopia ai francescani riformati.
Primo Prefetto venne eletto Padre Antonio, perché “sa la lingua araba, sempre si è portato bene, ed è dotto e prudente”. La missione partì nel 1634, con il compito di assistere tale Zaga Christos, che si spacciava figlio di un deposto imperatore d’Etiopia, al fine di ricondurlo in patria ed ottenere la sua protezione nell’opera missionaria.
Per un intero anno i missionari accompagnarono Zaga Christos a Venezia, Mantova, Parma, Piacenza e Torino, raccogliendo finanziamenti dai vari governi. Poi si diressero in Francia, alla volta di Parigi, dove Zaga Christos – ritenuto dalle fonti dell’epoca un possibile impostore – abbandonò la missione.
Propaganda Fide affidò subito a Padre Antonio il nuovo compito di ottenere dal Re di Francia protezione per la Chiesa Copta. L’operazione ebbe successo ed alcuni mesi dopo, all’inizio del 1636, Padre Antonio fece ritorno a Roma.
Il 22 settembre 1637, nominato Prefetto apostolico per l’Etiopia, partì per la Siria insieme a sei confratelli. Via mare si recò a Messina, poi a Malta e quindi a Sidone. Via terra raggiunse Gerusalemme, dove il Custode di Terrasanta lo nominò Padre Guardiano del santuario di Nazaret.
Nella primavera del 1638 gli ottomani iniziarono una persecuzione contro i cristiani. Padre Antonio venne perseguitato e condannato a morte, ma si salvò per un provvidenziale intervento francese.
Fece ritorno a Gerusalemme e da lì riprese il cammino verso l’Etiopia. Nel novembre 1638 giunse al Cairo e nel mese di marzo 1639 a Suakin, sul Mar Rosso. Qui Padre Antonio finse di fare il pellicciaro e Padre Antonio da Pescopagano, suo confratello, il ricamatore o intagliatore.
Assistettero i cattolici fuggiti innanzi alle persecuzioni del negus Fãsiladas, imperatore d’Etiopia, mettendo a frutto le nozioni di medicina in suo possesso. Nel tentativo di penetrare in Etiopia, si spinse sino a Massaua, ma venne imprigionato e trasferito a Suakin. In quel luogo morì il 26 agosto 1641.
Le sue ossa il 20 agosto 1645 furono spedite a Goa, in India, perché fossero riposte nella Chiesa della Madre di Dio, ma secondo Padre Lorenzo, guardiano in Diu (distretto di Goa), il popolo impedì con tutte le forze il trasferimento delle reliquie del compianto Prefetto, e quindi lì a Diu con processione solenne furono deposte in nel monastero dei francescani, in una parete.
Molti sono i miracoli che vennero ad esse attribuiti. Virgoletta ha dedicato al suo illustre figlio martire la piazza e la via che conduce verso Bagnone. L’avvento sulla cattedra episcopale massense-apuana di un suo confratello francescano lascia sperare che, seppur con qualche secolo di ritardo, possa finalmente essere avviata la procedura volta ad elevare Padre Antonio da Virgoletta agli onori degli altari.
Don Fabio Arduino