La lunga storia di Luni in età classica e cristiana

Il “Portus Lunae” venne fondato nel 177 a.C. con duemila coloni. La bellicosa presenza dei Liguri Apuani fu “risolta” con la deportazione in massa nel Sannio

Ricostruzione della città e del porto di Luni (tratta dal video “Portus Lunae” https://luni.cultura.gov.it/media)

Luni è “dedotta” colonia romana nel 177 a.C. da duemila coloni agricoltori col nome di Portus Lunae durante le guerre tra Roma e i Liguri tribù degli Apuani. Sul monte Sacro (Sagro) invocavano il dio Penino, scrive lo storico Tito Livio, che testimonia altre vicende degli Apuani, con una identità culturale ed etnica che li accomuna a tante altre popolazioni dell’area litoranea occidentale europea. Luni (come Lucca colonia fondata nel 180 a.C. e come Londra) ha toponimo derivante dalla radice celto-ligure “luc” che significa “palude”. Apparteneva all’Etruria ai confini della Liguria, sulla via Aurelia presso la foce del Magra.
Si è parlato di una Luni prima etrusca ma non si ha nessuna prova.
Per contrastare i Liguri Apuani “avezzi al peggio e rotti alla guerra” decine di migliaia furono deportati nel Sannio in quel di Benevento dopo le vittorie romane del.186-180 a.C. Quelli rimasti sui monti “mandavano spesso ambasciatori scongiurando di non essere costretti a lasciare e gli idoli e le tombe dei loro vecchi e la terra dove erano nati” (Livio, Ab Urbe condita, XL, 38).

Gli scavi e i reperti

A Bocca di Magra ritrovato l’impianto della villa del poeta Persio che canta “Ora mi scalda la ligure spiaggia, e mio è il mare che mi sverna, dove gli scogli sono l’orizzonte”. Dai parziali scavi effettuati di Luni, a pianta quadrangolare, sono emersi il Foro all’incrocio del decumano massimo e del cardo, il Capitolium, un tempio di età repubblicana, e fuori città l’anfiteatro e vari frammenti di decorazione, capitelli a foglie nervate o lisce, a girali a rosetta e un capitello figurato con busto femminile di profilo di dea o donna mortale, raccolti nel museo di Luni ora demolito e in quello della Spezia.
Dimostrano una sostanziale unità culturale e un gusto comune negli ornati ritrovati a Parma e Velleia, città romane che ebbero un coevo fiorente sviluppo in età giulio-claudia nella prima metà del I sec. d.C. Vie di comunicazione di Luni con Parma e Velleia trovavano incrocio a Fornovo: ne sono prova i dati storici, la toponomastica.
L’aggettivo “Lunigiana” sarà coniato nel sec. XIII per indicare una regione geografica e storica, e pure una tradizione itineraria con ripresa medioevale della via ora detta Francigena confermata anche dai recenti reperti al monte Valoria, appena a est del valico della Cisa, rinvenuti dall’archeologo Angelo Ghiretti.

 

Particolare di un mosaico romano di Luni

La città di Luni ebbe un notevole sviluppo come punto strategico per il controllo delle coste liguri e toscane e come porto da cui partivano di continuo i marmi per l’edilizia di Roma fino all’impero dei Flavi nel II sec. dopo Cristo, quando non si usò più il marmo ma i laterizi per costruire e decorare le case.
Plinio scrive che prima furono trovati i marmi bardigli e i bianchi ordinari e poi il bianco statuario, il più puro del mondo e modellato in meraviglie artistiche. Le cave nel 27 a.C. divennero proprietà di Augusto primo imperatore.
I marmi erano riquadrati sul posto, lo prova il celebre bassorilievo di Fantiscritti ora in Accademia Belle Arti a Carrara, riproduce Giove, Ercole e Bacco.

Maria Luisa Simoncelli