Sembrava che non ci fosse partita. Tutti i sondaggi, nelle elezioni regionali sarde, erano favorevoli al centrodestra e al suo candidato Truzzu, di Fdi e attuale sindaco di Cagliari. Un candidato imposto dalla Meloni che ha scelto un suo fedelissimo, ancora una volta, obbligando Salvini a fare marcia indietro sul suo candidato Solinas governatore uscente. La candidatura è arrivata dopo un durissimo scontro tra la Meloni e Salvini. Questa volta il centrodestra, teso a cercare affermazioni personali o di partito, non si è preoccupato di valutare lo spessore dei possibili candidati. Oggi anche dal centrodestra si danno colpe a Solinas, “forse in cinque anni non abbiamo governato proprio brillantemente“ “c’è un giudizio negativo sulla giunta uscente”, ma neanche Truzzu, uno dei sindaci meno amati d’Italia, sembrava una carta vincente.
Dalla lunga sfida all’ultimo voto è emersa la Todde del M5s sostenuta anche dal Pd. Una candidata che ha cercato di fare una campagna “sarda”, ancorata sul territorio e in un certo senso sganciata dalle segreterie dei partiti. Le presenze di Conte e Schlein sono state, per volere della candidata, molto discrete. Ora a urne chiuse i vincitori tendono a dare un significato che va oltre i confini regionali con maggior fiducia nel futuro. I vinti cercano di limitare la portata della valenza del voto alla sola Sardegna, riducendola a fatto locale. Ma questa tornata elettorale qualche segnale lo ha dato. La prima lezione è legata al fenomeno del voto disgiunto. Può essere che qualcuno abbia fatto il furbo per fare uno sgambetto a qualche “amico”, ma perché non pensare che si può scegliere di affidare le sorti della regione a qualcuno di più affidabile e credibile di chi viene imposto dall’alto?
Che la partita fosse delicata derivava anche dalla presenza massiccia di tutti i leader del centrodestra certi di continuare la cavalcata vincente. Chi può vivere, per il momento, tranquillo è Tajani che ha visto più o meno confermati i risultati precedenti. Chi esce con le ossa rotte è invece Salvini. La sua presenza nell’isola negli ultimi giorni è stata quasi ossessiva. Il risultato di tanto agitarsi è un misero 3,8%, poco più della metà delle ultime elezioni politiche. Come in ogni elezione, locale, è difficile stabilire il reale valore dei partiti per le tante liste civiche, ma si può annotare che il Pd, risultato primo partito della regione, perde il 6% e FdI quasi il 10% rispetto alle politiche del ’22. La navigazione futura del centrosinistra, che ha preso una boccata d’ossigeno, non sarà, tranquilla. Dovrebbe esserci la consapevolezza che uniti si può fare la gara, ma visti i protagonisti i campo la cosa non sarà semplice. Nel centrodestra ci sarà da far digerire a Salvini l’amaro di questa esperienza e non sarà facile. Qualcuno comincia anche a pensare che, data la volubilità dell’elettorato italiano, la forza propulsiva della Meloni stia cominciando a dare segni di stanchezza.
Giovanni Barbieri