Nell’approssimarsi della Pasqua, dovrebbe nascere un grande desiderio di pace ma di questi tempi, purtroppo se ne sono perse le tracce. Se ne sente parlare soltanto in qualche dibattito ma più per marcare il territorio, per trovare visibilità, che per convinzione. Sembra normale parlare di armamenti, di alleanze, di equilibri nuovi da trovare nel contesto internazionale.
Si era sperato che la Cina potesse aiutare a disinnescare la minaccia di un allargamento del conflitto ucraino. La realtà, triste, è che sull’Ucraina si sta giocando una partita cinica alla ricerca di future alleanze e di nuovi equilibri mondiali. L’amicizia fraterna tra Russia e Cina trova sponde soprattutto in Medio Oriente e in Africa. La spinta cinese ha fatto riaprire i rapporti tra Arabia Saudita e Iran, mentre l’influenza russa sta facendo riallacciare il dialogo anche con la Siria. Si sa che questi Paesi non sono paradisi terrestri. E non è detto che il nuovo fronte che si sta costruendo debba portare a risultati pacifici, né sul fronte interno, segnato da dittature durissime, né sul fronte dei rapporti internazionali, che vedono l’occidente e gli Usa sempre più in difficoltà.
Non è il caso di parlare di pace nei territori sub sahariani. Nel 2019 si è vista l’incredibile forza del popolo nelle proteste di massa nell’Africa Subsahariana. Dal Sudan allo Zimbabwe, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Guinea, le persone hanno affrontato repressioni brutali per difendere i propri diritti. In alcuni casi, Sudan ed Etiopia, queste proteste hanno portato a grandi cambiamenti. Purtroppo, ulteriori necessarie riforme sono state bloccate da governi repressivi che proseguono impuniti sulla strada delle violazioni. Anche se stanno saldamente al potere, non si può certo parlare di pace, se è vero che non ci può essere pace senza giustizia e senza rispetto dei diritti fondamentali della persona. Non sta meglio la povera vecchia Europa con le sue democrazie sempre più fragili.
Non sta bene Macron in Francia, con un governo messo sotto scacco da una piazza inferocita per una riforma necessaria e assolutamente ragionevole dell’età pensionabile. In questo caso la Francia, così come la Germania, alle prese con la crisi economica e con un’inflazione cui non era abituata, e vari Paesi europei, fanno i conti con la crisi delle ideologie e con la caduta dei partiti tradizionali.
Non emergono nuove leadership e si devono fare accordi con forze non sempre in sintonia. La fibrillazione di troppi Paesi non depone a favore della pace. Per quanto ci riguarda, noi abbiamo visioni molto più ampie, visto che i nostri problemi si concentrano sui furti delle donne incinte nelle metropolitane milanesi e sulla lotta alle ong. Neanche questa è pace. Forse bisognerebbe guardare più in alto e ascoltare con compassione la voce di chi è venuto “dall’altro mondo”.
Giovanni Barbieri