Quei 363 che non son tornati: i Caduti pontremolesi nella Grande Guerra

Presentato il libro “Ma nel cuore nessuna croce manca” con le biografie dei Pontremolesi morti al fronte.
Contiene anche il censimento e la storia di cippi, lapidi e monumenti presenti nel territorio comunale

Pontremoli, il Monumento ai Caduti nella Prima Guerra Mondiale

Sono stati 363 i pontremolesi caduti nel corso della Prima Guerra Mondiale. Un numero ben superiore a tutte le stime del passato e queste cifre non le avremmo mai conosciute senza il minuzioso lavoro di ricerca, curata dall’Istituto Storico della Resistenza Apuana e dell’Età Contemporanea, durata alcuni anni e che restituisce ora alla collettività pontremolese le note biografiche dei Caduti del Comune. Tutto questo ora è consultabile grazie al volume “Ma nel cuore nessuna croce manca. I Pontremolesi Caduti nella Prima Guerra Mondiale” realizzato da Paolo Bissoli, Ezio Della Mea ed Enzo Menconi, con i contributi di Caterina Rapetti, che è stato presentato sabato scorso alle stanze del Teatro della Rosa. Nella sua introduzione all’incontro il presidente dell’Isra, Paolo Bissoli ha voluto ricordare l’impegno di questa ricerca, frutto di un’attenta analisi dei nomi riportati sulle tante lapidi e monumenti della Grande Guerra presenti nel territorio comunale, di una consultazione puntuale dei fogli matricolari conservati all’Archivio di Stato di Massa e di banche dati e archivi consultabili on line.

Il monumento ai Caduti inaugurato a Pontremoli nel 1924

“Cippi, monumenti e lapidi che ci hanno permesso di estrarre dal cassetto della memoria tante notizie. Storie di piccole realtà, di singoli uomini, che emergono da questo passato e che ci restituiscono il vissuto di queste persone”. Con un appello per evitare che i tanti monumenti e lapidi presenti nel territorio vengano recuperati e riqualificati “abbiamo potuto verificare che molti sono stati danneggiati dall’usura del tempo. Questa è forse l’ultima occasione per poterli recuperare prima che i danni siano irreparabili”. Ritornando al volume, il prof. Alessandro Volpi dell’Università di Pisa ha voluto ricordare come questo sia un testo importante “perché fotografa due importanti aspetti: la partecipazione pontremolese alla Prima Guerra mondiale e la Monumentistica dedicata alla Grande Guerra”.
E a proposito del primo punto segnala due aspetti interessanti “come la preparazione culturale fosse più alta della media nazionale, dimostrazione di un buon sistema scolastico nel territorio e come circa un terzo dei caduti sia dovuto all’epidemia di Spagnola che ha rappresentato una variante importante nel corso della guerra”. Il professore ha quindi inquadrato il contesto storico generale ricordando come l’Italia sia entrata in guerra “nonostante il Paese e lo stesso Parlamento fosse a grande maggioranza neutralista. Tutto a causa degli accordi segreti di Londra, in cui l’Italia s’impegnava a scendere in guerra in cambio di cospicui compensi territoriali”. Quindi un popolo di contadini che andò a combattere “senza alcuna motivazione. Le cose cambiarono dopo la disfatta di Caporetto, con la necessità di difendere la Nazione dall’invasione austriaca”. Alla conferenza di pace di Parigi l’Italia richiese che venisse applicato il patto di Londra con la consegna all’Italia della Dalmazia e della città di Fiume. La bocciatura di questa richiesta fece quindi sorgere nel Paese il mito della “Vittoria mutilata”.
E a questo punto il professor Volpi, si è collegato alla questione della Monumentistica “non è un caso se il Monumenti ai Caduti di Pontremoli è stato inaugurato nell’autunno del 1924. Perché il Fascismo, in quel momento storico, era in grossa crisi dopo lo scandalo dell’omicidio Matteotti che stava scuotendo il Paese. Mussolini decise allora di riguadagnare consenso inaugurando numerosi monumenti ai caduti, per dimostrare che il Fascismo portava avanti le istanze dei reduci della Grande Guerra”. È entrato nello specifico della situazione pontremolese Enzo Menconi, ricordando come una generazione di giovani sia stata letteralmente spazzata via “la fascia più colpita è stata quella tra il 1894-1895, ovvero appartenente a coloro che hanno combattuto tutta la guerra. Ma ci sono caduti anche del 1898 (16), del ’99 (8) ed anche del 1900 (3)”.
E ci sono state intere famiglie decimate come dimostra il caso di ben 20 coppie di fratelli caduti e probabilmente c’è un caso, anche di tre fratelli, quelli della famiglia Martinelli. Menconi ha poi elencato le cause di morte dei 363 Caduti: 197 risultano essere morti in battaglia con un alto numero di dispersi (58) (“è un dato che trova riscontro anche a livello nazionale dove ci sono tanti corpi senza un nome e un nome senza più un corpo”); 127 per malattia e 36 per cause varie. Sul numero dei malati ha inciso in maniera esponenziale l’influenza Spagnola; basti pensare che nel 1915 i morti per malattia sono 15 “poi dopo la massiccia somministrazione di vaccino antitetanica calano a 8 e 11 nel 1916 e ‘17”. Poi l’arrivo dell’epidemia “nel 1918 ci sono 73 morti di cui 59 di Spagnola e nei primi 5 mesi del 1919 altri 20 morti di cui 9 dalla Spagnola.
Quindi dei 127 morti complessivi per malattia 68 sono causati dalla Spagnola”. Ezio Della Mea ha incentrato il suo intervento sulla sua ricerca di Caduti pontremolesi nei sacrari del territorio nazionale, evidenziando la difficoltà della ricerca senza poter contare su archivi digitali aggiornati. Nel suo saluto la vicesindaca, Clara Cavellini, ha messo in parallelo le atrocità della Prima Guerra Mondiale con la critica situazione che si sta vivendo oggi in Ucraina, mettendo in luce anche l’importante ruolo svolto dalle donne.

Riccardo Sordi

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