Gesù insegnava loro

Domenica 29 gennaio – IV del Tempo Ordinario
(Sof 2,3; 3,12-13 – 1Cor 1,26-31 – Mt 5,1-12)

Dopo l’invito alla conversione, l’evangelista mette sulla bocca di Gesù il primo dei cinque discorsi, un discorso lungo, sublime, programmatico e accattivante. Con questo discorso Gesù propone il modo di vivere la beatitudine che deriva dall’incontro con Dio.
1. Salì sul monte. Mentre il vangelo secondo Luca colloca il Discorso delle Beatitudini in pianura, dove si possono raccogliere molte persone, il vangelo secondo Matteo colloca il discorso “sul monte”, con un significato teologico e biblico. Il monte è il luogo dove Dio abita e rivela la sua potenza. Leggiamo nei Salmi: “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto”. E come Mosè era salito sul monte per prendere da Dio le tavole della legge e portarle al popolo, così Gesù sale sul monte e si pone a sedere come un maestro in cattedra. Egli è il nuovo Mosè, il legislatore del Nuovo Israele, che propone nove beatitudini non dieci prescrizioni.
2. Beati! Tutti gli uomini in ogni stagione della vita aspirano alla beatitudine, alla felicità, perché mai si è troppo giovani o troppo vecchi per non cercare soddisfazione dalla vita. La beatitudine che Gesù ci propone è il modo di vivere del cristiano. Deriva dalla vita di fede, quando essa è in grado di determinare le scelte, i comportamenti, la visione della realtà in costante riferimento al mistero di Cristo. Con queste parole papa Francesco inizia la sua enciclica programmatica: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento”. Nella comunione con Dio che sgorga dalla preghiera il cuore si riempie di gioia, e questa gioia è come una corazza contro le avversità della vita. La beatitudine del Vangelo è possibile quando la vita unisce bontà e bellezza, qualità etica e estetica, compiutezza umana e spirituale. Non è affatto una vita di apatia e neppure un accomodamento facile per vivere senza essere disturbati, ma è la conseguenza, l’effetto di un modo di essere, della capacità di guardare in alto, di superare la grettezza di chi pensa solo a se stesso. Vivere di beatitudine non significa essere persone “per bene”, ma cogliere e accogliere la vita come avventura che viene da Dio.
3. Rallegratevi ed esultate. La gioia, come anche l’amore e la tosse, non si può nascondere. La gioia non si imbosca, non ci fa chiudere in noi stessi per paura degli altri, ma sprizza dagli occhi, è contagiosa, è come un volo che va verso l’orizzonte, è qualcosa che per sua natura si apre alla fraternità, perché un cuore è davvero felice quando ricercando la beatitudine interiore dona se stesso agli altri, con gratuità. La felicità è vera quando è condivisa, quando si riesce a far felice un altro, ma non un altro lontano, bensì l’altro che è vicino a noi.

† Alberto