Duri senza perdere la tenerezza

Domenica 25 giugno – XIII del tempo ordinario
(1 Re 19,16b.19-21 – Gal 5,1.13-18 – Lc 9,51-62)

C’è sempre uno spazio che si inserisce tra le parole di questa pagina di Vangelo, uno spazio misterioso, un luogo che si insinua e che non permette alla vita di combaciare.
Poi ci penso. Ed è vero, la vita non combacia quasi mai. Si apre sempre una distanza, come un vuoto, anche tra gli abbracci più stretti.
La vita non combacia da subito in questa pagina. Gesù si fa duro in volto, decide di andare verso Gerusalemme, ormai fiuta che il tempo è compiuto, ogni passo può essere quello del non ritorno e allora manda messaggeri avanti a sé, come per avvicinare Gerusalemme, come per raccontare al mondo ciò che avverrà, ma la vita non combacia, e i Samaritani proprio in nome di quella sua decisione non lo accolgono. I discepoli sembrano aver capito, anche loro si fanno più duri, sembrano imitare il loro Maestro, ma loro sanno indurire solo il cuore, e in questo non c’è molta difficoltà. La loro durezza non combacia con quella di Gesù.
C’è quindi una prima cosa che mi sembra di dover imparare da queste righe del Vangelo ed è che Gesù è duro ma solo con se stesso. Non fa pagare ad altri la sua decisione. Il peso della libertà può ricadere solo su di me, è il mio volto che deve indurirsi, non devo pretendere niente da nessuno. Spesso quando prendiamo decisioni estreme, quando decidiamo di portare fino in fondo la vita pagandone anche il prezzo è come se ci sentissimo autorizzati a condannare chi non ci segue. A pretendere che anche altri paghino. Che almeno si accorgano di noi, che ci riconoscano. Invece no, che il volto si faccia così duro da saper reggere la solitudine e l’incomprensione, che si possa diventare così duri tanto da non perdere la tenerezza. “Ti seguirò dovunque tu vada” dice un tale a Gesù. Frase splendida ma inesatta. Frase che non prevede la distanza. Noi non siamo fatti per il “dovunque”. Noi non possiamo seguire Gesù dovunque lui vada, non possiamo seguire nessuno fino in fondo e nella totalità. Dobbiamo seguire noi stessi fino in fondo, quello sì, sapendo che sarà un cammino senza tane e senza nidi cioè in completa esposizione. Immagine molto forte forse per dire che la durezza della decisione prevede di esporsi, nudi. Non siamo chiamati a seguire Gesù dovunque vada ma a seguire noi stessi stando esposti lungo le strade della vita. La durezza della decisione è per Gesù quella di rimanere esposto agli eventi della vita forte solamente della sua nudità. La durezza che sceglie non è quella forza violenta di chi si impone ma quella della croce di chi si espone.

don Alessandro Deho’