

Cultura e democrazia sono un perfetto insieme. Il percorso storico dell’Occidente è stato di progressive conquiste di valori morali, politici, civili, di diritti naturali e sociali, che sono stati nutriti da profondità culturale di pensiero filosofico, scientifico, dallo splendore della creatività artistica. Non è stato un percorso facile, ma sacrifici e molti ostacoli e anche errori hanno fatto conquistare libertà di pensiero, garanzie giuridiche e tutele fondamentali. Ma ci sono parti del mondo nelle quali chi cerca di conquistar libertà e democrazia è eroe ma viene incarcerato e perfino ucciso. Una riflessione sulla democrazia, non perfetta ma nessuna altra istituzione è migliore, viene di farla in questi giorni di guerra accanto a noi – una vicinanza che ci turba particolarmente. C’eravamo illusi di aver raggiunto la pace perpetua e non immaginabile il pericolo di guerre nucleari.
E invece la guerra ci è tornata addosso ed è con verissima fermezza giudicata da papa Francesco “mostruosa, una follia, crudeltà selvaggia” che deliberatamente fa bersaglio sui bambini, sui ricoverati in ospedali, fa stupro sulle donne e deportazioni, spara sui corridoi umanitari dei milioni di profughi e perfino sul tabù sacro della Croce Rossa. La ferocia dei fatti ce la dicono le immagini, mentre dalla narrazione dei militari e dei governi è difficile distinguere il vero dalla propaganda. Cosa è successo? Nel nesso inscindibile tra cultura e democrazia, uno dei due valori o tutti e due insieme sono precipitati in una crisi grave.
Sono molti gli analisti che parlano di declino, di crisi delle democrazie, che nella spinta veloce della globalizzazione si sono dedicate troppo alla conquista del potere del denaro, riponendo il senso della storia e dell’esistenza delle persone nel possesso di sempre più cose propagandate in modo invasivo lasciando andare a ruota libera il mercato. La cultura e la democrazia non sono per sempre, una volta conquistate vanno tenute vive con l’impegno responsabile di tutti a difendere i diritti e a compiere i doveri. Da qualche decennio si è indebolito l’interesse per gli studi filosofici, pochi meditano le eterne verità dei poeti e dei sacerdoti.
Si avverte sempre di più una perdita di senso critico e di coerenza logica, si ascoltano di più i ciarlatani che gli scienziati, si conosce e si pratica poco la lotta per la conquista dei diritti del lavoro, per la protezione della natura. I nuovi strumenti della comunicazione elettronica digitale hanno creato l’illusione che si possa fare a meno dello studio sui libri: basta avere la connessione internet, che dà infinite separate nozioni: tante le tessere, ma manca il mosaico. Pensiamo alla Russia: ha avuto una grande cultura, orientata ai valori della società europea a partire da Pietro il Grande e Caterina II nel Settecento, ha raggiunto vertici sublimi in poesia, letteratura, musica, danza, pittura, filosofia e scienza, ma è la democrazia che continua a mancare: l’immenso paese non ha mai fatto esperienza di libere istituzioni. Dall’assolutismo degli zar è passato al partito-stato: il segretario generale del partito unico comunista era capo del governo totalitario sovietico.
Ogni forma di dissenso veniva contrastata con l’esilio siberiano, carcere e morte. L’apertura a una politica, sia pur debole, di riforme e di trasparenza avviata da Gorbacěv è stata soffocata dal colpo di stato del 1991, ora il governo è tutto in mano al presidente Putin autocratico che censura il pensiero e la stampa e mette in carcere chi eroicamente dissente dalle sue decisioni, coi metodi feroci della polizia segreta del kgb, a lui ben noti. La pace e la sicurezza dei popoli dipendono anche da quello che sta avvenendo tra russi e ucraini. La storia non procede con una progressiva estensione dei diritti e dei doveri, la dobbiamo fare noi, dando vita a “una nuova cultura”.
La chiedeva il grande scrittore Elio Vittorini nell’editoriale del n.1 del settimanale Il Politecnico del 29 settembre 1945. Sul mondo ancora nel lutto e nella distruzione materiale la sconfitta era la cultura, che aveva insegnato a considerare sacra l’esistenza dei bambini e aveva maturato un grandissimo pensiero. Invocava Non più una cultura che consoli nelle sofferenze, ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta o le elimini.
Maria Luisa Simoncelli