I nostri mari del Sud. Fortunose avventure in Lunigiana al tempo della dittatura fascista

Un libro che si legge bene, ti trascina, ti ritrovi come a casa, i luoghi, i nomi li conosci dal vero e la narrazione ti porta negli anni crudi dell’emigrazione di antifascisti, anche lunigianesi; un romanzo di storia e d’invenzione I nostri mari del Sud, vicende e protagonisti sono immaginari ma inseriti nella realtà storica di Lunigiana e d’Italia dal 1925 al Concordato, che aumentò il consenso a Mussolini.
L’autore Matteo Manzin è un medico nato ad Aulla nel 1952, ginecologo all’Ospedale della Spezia, si è messo a scrivere per bisogno di riflettere e trovare risposte di senso e di serenità in una condizione esistenziale di drammatici eventi nella sua famiglia, di illusioni perdute, di utopie sociali frantumate nell’Italia precipitata nella dittatura. Il protagonista del romanzo è un io narrante che risponde al nome di Maurizio Perrone medico condotto ad Aulla, è vedovo con una bambina, le cure familiari sono affidate ad Ernestina, saggia e fedele custode dei valori di un tempo e del dialetto, che Manzin riporta con buona leggibilità, senza uso dei segni diacritici dei linguisti.
Lingua usata è anche l’inglese perché l’io protagonista frequenta la famiglia inglese Waterfild, che abitò nella fortezza aullese della Brunella, e inglese è Elisabeth, l’amore della sua vita, sempre decisa e coerente. Il romanzo ha struttura composita, è come un canovaccio con propaggini in cui dare spazio a distinti argomenti sui quali ha una buona preparazione culturale.
L’io protagonista esamina i contrasti tra socialisti, comunisti, popolari e liberali che portarono alla vittoria dei fascisti, segue l’opzione Gramsci che sosteneva la necessità di una mobilitazione unitaria dal basso nella lotta antifascista, è ostile agli aventiniani perché non agivano, facevano solo protesta morale; ma i comunisti che non fecero la secessione non si salvarono, furono incarcerati a cominciare da Gramsci privato della libertà fino alla morte.
Il libro ricostruisce dal vero le situazioni dei rifugiati politici italiani, di Salvemini che l’amata Elisabeth ha ascoltato nelle lezioni tenute a Londra, in cui incontrò anche la moglie di Carlo Rosselli, il quale di ritorno dall’espatrio di Parri,Turati e Pertini, a Marina di Carrara fu arrestato, rinchiuso a Lipari, fuggì, ma sicari fascisti riuscirono ad ammazzarlo col fratello Nello.
L’aullese avv. Duino Ceschi conobbe il carcere di Ustica, Darno Maffini cercava in Francia lavoro per gli esuli d’intesa con Luigi Campolonghi che a Nérac in Guascogna fondò la Fratellanza franco-lunigianese, il maresciallo dei Carabinieri Lo Monaco che salvò aullesi da un attacco squadrista e pagò con la sua vita . I brevi capitoli del Grand tour in Lunigiana sono una propaggine didascalica, il ritmo narrativo si è inceppato nella formalità della guida turistica.
Manzin tocca anche temi filosofici, letterari, di analisi critica delle grandi novità delle arti figurative di Otto e Novecento che diventa occasione per parlare di Gauguin, di sue tele ritrovate, vendute, contese, che il protagonista e la sua amata vanno recuperando buttandosi in una complessa avventura alla James Bond, che porta dal piccolo mondo di Aulla alle terre d’Oriente, ai mari del Sud, metafora di speranza mai persa di migliorare il mondo, di dare realtà alle utopie. L’affermazione forte è che progresso e scienza sono le uniche forze per emancipare l’umanità, contano i sentimenti non solo la ragione, come ci ricorda il mito di Antigone che esalta la sfida al tiranno in ogni età della storia.

Maria Luisa Simoncelli