La mostra di Parma sulla straordinaria ricchezza della cultura del cibo

Ne ha parlato a Pontremoli Graziano Tonelli già direttore dell’Archivio di Stato

Asciugatura di salami e salsicce in un bassorilievo di Benedetto Antelami nel Battistero di Parma (sec. XII)

In occasione di Parma capitale della cultura italiana 2020-2021 è stato pubblicato il catalogo della mostra “In tavola. Un mosaico quotidiano di storia e di saperi” costruito sulle fonti d’Archivio della città, sono le “impronte lasciate nel tempo”. L’intento è stato valorizzare il cibo “come elemento aggregante e caratterizzante per le comunità e le loro storie” osserva Anna Maria Buzzi direttore generale degli Archivi di Stato. I documenti illustrano quasi un millennio di pratiche agricole e culturali di Parma “valle del cibo”.
Nella mostra ancora visitabile si è guidati a ripercorrere l’origine e lo sviluppo di eccellenze della produzione agroalimentare che danno identità alla storia sociale ed economica parmense. Il materiale esposto documenta l’evoluzione delle pratiche di coltivazione, i metodi tradizionali di lavorazione delle materie prime, le ricette per preparare i pranzi opulenti alla tavola dei Farnese, dei Borbone e di Maria Luigia d’Austria, e le mense povere ma insaporite di semplicità della gente comune.
Le ricette presenti in Archivio a Parma sono più di quattromila, segno che la gente studia quel che mangia e lo fissa con protocolli e atti notarili. Un elemento caratteristico del paesaggio emiliano, dagli Etruschi alla seconda guerra mondiale, è la “piantata”della vite che è “maritata” ad un albero che la sostiene per portarla alla migliore insolazione.
Nel Medioevo sono pochi i testi dell’arte di produrre il vino, il più consistente è di Pietro De Crescenzi. Del 1644 abbiamo un divertente Testamento del porco che destina in eredità ogni sua parte perché nulla si butta via. Ben 110 le ricette del maiale in un libro di Vincenzo Tanara. L’Unesco nel 2015 ha riconosciuto Parma “città creativa della gastronomia” per i suoi duemila anni di successo di prosciutti, di formaggio parmigiano; Boccaccio narra che abbonda su montagne di maccheroni nel paese di cuccagna, dove Calandrino vorrebbe andare, una volta trovata l’elitropia fra i sassi del torrente Mugnone!
Fonti di età umanistica registrano gli stretti controlli delle Corporazioni di arti e mestieri sul mercato dei beni annonari, le inchieste sulle ricorrenti carestie, i pranzi di corte e la cucina popolare di tradizione locale, celebri diventarono nell’Ottocento le ricette raccolte da Pellegrino Artusi. Il cibo nell’Ottocento è cotto sulla “cucina economica” così chiamata perché senza fumi e si spegne quando non serve. La pasta al pomodoro fa il pranzo mediterraneo, gli allevamenti, soprattutto di ovini e bovini, sono allestiti per diversificati scopi, il formaggio è usato anche al posto della moneta nei contratti di “soccida”. Un bene strategico per le eccellenze del territorio è stato il sale fossile di Salsomaggiore ricavato dalle acque di un mare primordiale ricche di bromo e iodio, un bene nel Medioevo gestito a Parma prima dai monasteri, poi dai duchi Farnese e da Maria Luigia che diede una svolta alle saline prima che diventassero monopolio statale, in Italia abolito nel 1974.
Nella conversazione tenuta a Pontremoli Graziano Tonelli ha richiamato i viaggi lungo la via francigena, vicende legate al duca Alessandro Farnese, alcuni ricettari. Nel saggio e catalogo edito per Parma capitale sono riportati gli antichi ricettari manoscritti, spicca la ricetta originaria della torta parmesana di complessa elaborazione, con parmigiano, prosciutto, carne di pollo, frutti secchi e tanto altro. Usanze e cibo nei monasteri del ducato nel Settecento avevano impronta di sobrietà mediata tra l’opulenza aristocratica e la tavola contadina; ma c’erano da fare i conti con una golosità monastica che trovava appagamento nelle spezierie, ricche di medicamenti ma ancor più di dolcezze come il marzapane e le “divine” tazze di cioccolata e caffé.
Il cibo è anche occasione di lotte per conquistarlo o difendere, lo documentano fondi giudiziari archivistici dalla creazione del ducato Farnese nel 1545 fino al governo napoleonico insediato nel 1803. Molti i furti di prodotti commestibili denunciati, la sentenza anche allora arrivava molto tardi: i detenuti dovevano provvedere al proprio vitto, se indigenti toccava alla Camera ducale o a Confraternite.
Tanta storia gastronomica ha trovato nel territorio della provincia di Parma le migliori condizioni ambientali: fiumi e torrenti che dall’Appennino scendono al grande Po, risorgive in pianura, clima caldo e umido, venti marini che valicano i monti, tutta una varietà morfologica che ha portato a organizzare la società su regole condivise, messe ora in mostra e in stampa per campioni significativi.

Maria Luisa Simoncelli