Domenica 14 novembre – XXXIII del tempo ordinario
(Dn 12,1-3 – Eb 10,11-14.18 – Mc 13,24-32)
La tribolazione finisce e sembra che nessuno se ne accorga. Tutti a rimpiangere la luce del sole che non c’è più, l’assenza del riflesso della luna, le stelle staccate dal fondale e nessuno, nessuno, a dire che, semplicemente, non servivano più. Perché “la tribolazione è passata” e quelli erano solamente segni per non morire nel buio del cammino, per attraversarla la notte, per portare a termine rotte incerte sul mare della vita. Erano segni del Padre, Lui unico sole, luna e stelle. Adesso non servono più perché il Figlio del Dio vivente viene sulle nubi.
Invece passato il dolore, passata l’angoscia, passato il tormento delle cose del mondo rimane un’umanità di orfani impauriti che vivono nella nostalgia dei segni di un tempo, probabilmente perché non sono mai riusciti a comprendere davvero che luce e calore rimandavano ad Altro. Arrivano addirittura a rimpiangere le tribolazioni di un tempo, che forse non erano poi così male, si dicono, e poi ci rendevano vivi, confidano. La tribolazione finisce eppure tutti sono rapiti dai segni apocalittici di un Universo deposto. E nessuno, nessuno, a dire che il compito dell’uomo era esattamente quello di deporli quei segni. Perché il senso della vita era attraversare tempo e spazio, tribolazioni comprese. È come se ci fosse il popolo dell’Esodo che, in piena Terra Promessa, si lascia andare al pianto perché è terminata la manna e non c’è più deserto. È come se ci fosse un popolo così attaccato ai segni da rimpiangere una Chiesa pervasiva e potente e visibile. Ma come non vedere che è proprio quando il segno di quella Chiesa crollerà definitivamente che riusciremo a fare spazio al volo libero e liberante del Figlio dell’Uomo? I segni confondono, illudono, sono un sipario tirato sul vero volto delle cose. È che noi ci affezioniamo così tanto ai segni che dimentichiamo “chi”, di chi dovrebbero parlare.
Sei tu Signore il sole, tu il calore della mia storia, tu a illuminare i cammini futuri, tu a rischiarare il passato. Tu la luna, fedele anima della notte, ad accompagnare i nostri pellegrinaggi nel buio e i nostri frequenti smarrimenti. Di Te Signore parlano le stelle, tuo sorriso, costellazioni di luci che donano profondità al Cielo e guidano il nostro navigare. Tu Signore l’Invisibile che muove il cielo, tu soffio, potenza celeste a dare respiro al nostro incedere terrestre.
don Alessandro Deho’