
Domenica 31 ottobre – XXXI del tempo ordinario
(Dt 6,2-6 – Eb 7,23-28 – Mc 12,28-34)
“Si avvicinò a Gesù uno degli scribi” e io sento che passerei la vita a descrivere questo movimento, perché sono sicuro che è questo il cuore del nostro essere qui, ora. Con questo bisogno di essere accarezzati senza essere catturati, con questa infinita urgenza di qualcuno che chieda di farsi prossimo alle nostre storie. Ecco, passerei una vita intera a descrivere che l’Amore è un calore che si avvicina, che rimane vicino, che non cattura mai, un eterno costante lento avvicinamento. E allora mi capita di pensare che la vita, alla fine, trova il suo Senso solo così: avvicinandosi. Provando a non farsi troppo male ognuno di noi avvicina le realtà del mondo. Avvicina esperienze, volti, sogni, cose, avvicina vita e sente che tutto funziona solo quando riesce a farlo con garbo, con grazia, con lentezza, come quando quello scriba ha iniziato ad avvicinarsi a Gesù. E quello che ha sentito quello scriba, non dico “capito”, ma “sentito”, “percepito”, è che la Verità (nome che se viene lanciato manda tutto in frantumi, nome che va avvicinato con pudore e attenzione) la Verità dicevo è quel Corpo caldo e profumato di pane, di vento, di acqua di lago, che è Gesù. Mentre si sta avvicinando comprende che l’unica domanda sensata è quella che sta già vivendo ancora prima che le labbra pronuncino “qual è il primo di tutti i comandamenti?”. La domanda sensata non è in quelle parole, che possono essere ambigue, possono indurre ad inquietanti classifiche, la domanda vera è il bisogno. Il bisogno che ci fa avvicinare la fonte della vita. Ecco cosa è il principio di ogni cosa che vive, la prossimità all’Amore. E non serve più nemmeno domandarlo. Basta sperimentarlo.
E allora lo scriba si accorge, lo sente, mentre la distanza si fa minima, mentre miracolosamente nessuno è venuto ad insinuarsi tra il desiderio e l’atto, sente, ancora prima che Gesù debba parlare che lì vicino al cuore della vita la Vita si sente. La vita parla. Ogni cosa parla. Avvicinandosi alle cose se ne può sentire il mormorio leggero. Il canto silenzioso del cuore vitale del mondo, questo c’è al Principio di ogni cosa, avvicinandosi c’è una voce. Ecco perché non si stupisce, mentre il suo cuore si fa vicino al Suo, che Lui dica “ascolta”.
“Il Signore nostro è l’unico Signore”, ad avvicinare l’orecchio al fremito nascosto del mondo si sente Lui, sempre Lui, unico come unico è l’Amore che poi si declina in milioni di sfumature. Cosa significa credere? Assumere la lentezza di mettere orecchio alle cose del mondo. Ascoltare un tramonto, un amico, l’abbaiare di un cane, una poesia, il fuoco nella stufa, il respiro del legno nel tavolo che mi sorregge, il colore delle cose, il dolore nascosto nel silenzio…
“E amerai”, e prima che Gesù lo dicesse, prima che il silenzio cedesse il passo alle parole del Maestro lui, lo scriba ormai vicinissimo al cuore dell’amore, l’aveva già chiaro, che le cose che parlano sono solo quelle che si amano. Se non le ami, le cose rimangono mute. E allora “amerai” non è un ordine ma una condizione, l’unica, per far parlare il mondo. Per sentire il mormorio nascosto dell’amore. Se ami ti avvicini e il mondo parla di Lui e tu lo senti.
don Alessandro Deho’