Dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso i vertici dei “grandi” hanno promosso e indirizzato il processo di globalizzazione. Ma i paesi poveri rimangono esclusi.
Una risposta comune ai problemi economici globali: con questo obiettivo nacquero gli incontri tra i capi di Stato e di governo delle potenze economiche mondiali, i cosiddetti “grandi”, da cui il prefisso “G” che identifica i vertici che hanno segnato le relazioni economiche e diplomatiche mondiali, a partire dagli anni ’70, fino all’incontro di due settimane fa in Cornovaglia.
Nel 1971 crollò il sistema dei cambi fissi legati al dollaro architettato nel 1944 e nel 1973 la guerra arabo-israeliana del Kippur ebbe come conseguenza il rialzo vertiginoso dei prezzi del petrolio. La “stagflazione”, ossia il verificarsi congiunto, mai osservato prima di allora, di stagnazione economica e inflazione suggerirono la necessità di azioni congiunte tra paesi.
Così, nel 1973, su iniziativa del Segretario al Tesoro statunitense George Schultz, i quattro paesi più industrializzati (Francia, Germania Ovest, Regno Unito, USA) diedero vita ad un forum per le questioni di cooperazione economica e monetaria, a livello di Ministri dell’economia; nel 1974 venne coinvolto anche il Giappone, dando origine alla denominazione G5; l’anno successivo, entrarono in scena i Capi di Stato e di governo, su iniziativa del Presidente francese Valéry Giscard d’Estaing, che ospitò nel Castello di Rambouillet, vicino Parigi, il primo Vertice in formato G6, con la partecipazione anche dell’Italia: l’obiettivo era discutere di temi economici e finanziari globali nel quadro di quello che venne definito un “summit economico” delle sei maggiori economie mondiali. Il vertice del 1975 fu storicamente uno dei più importanti della serie di questi incontri: fu sancita l’esclusione definitiva del ritorno ai cambi fissi e si gettarono le basi per una serie di politiche economiche mondiali, come la progressiva liberalizzazione dei commerci internazionali, che rafforzassero l’interdipendenza dei paesi occidentali. Di fatto, a Rambouillet i 6 grandi aprirono l’era della globalizzazione. L’anno dopo al vertice partecipò il Canada (G7), mentre dal 1977 fu invitata la Comunità Economica Europea (poi diventata Unione europea). La partecipazione stabile e alla pari della CEE-UE ai vertici dei grandi divenne definitiva dal 1981. Ben presto il vertice dei grandi cominciò ad allargare i suoi interessi dall’economia internazionale alle tematiche geopolitiche globali.
Un’economia mondiale sempre più interdipendente
Da summit di coordinamento di politiche economico-finanziarie, il G7/G8 ben presto divenne un consesso “globale” dedito alla trattazione di tutti i principali temi di politica estera e dello sviluppo. A imporre l’ampliamento dell’agenda fu l’avvento di quella globalizzazione promossa e favorita dalle decisioni operative dei primi vertici. L’inevitabile cambiamento portò tuttavia ad una contestazione progressiva dei vertici G7/G8 da due fronti.
Da un lato la società civile e le organizzazioni non governative di tutto il mondo contrastavano il consesso dei paesi più ricchi del Pianeta per l’indifferenza verso tematiche come la disuguaglianza Nord/Sud del mondo, la lotta alla povertà, il cambiamento climatico, la rigida gestione dei flussi migratori, oltre che per il primato via via assunto dalla finanza.
Dall’altro lato, a cavallo tra XX e XXI secolo, le crisi economiche e finanziarie che avevano colpito una serie di paesi emergenti di America Latina ed Asia, con ripercussioni su tutto il mondo, indicavano la necessità di un coordinamento delle politiche con un più ampio numero di Paesi.Se le istanze della società civile furono affrontate con dichiarazioni di facciata, ma soprattutto con la brutale repressione, come avvenne a Genova nel 2001, e con la “blindatura” dei successivi vertici in luoghi isolati e ultraprotetti, il tema delle interdipendenze economiche globali ha portato ad ampliare la rappresentatività dei vertici.
Ai primi inviti a riunioni informali di paesi emergenti fece seguito, nel 2005, l’invito al G8 di cinque Paesi emergenti con un particolare rilievo politico ed economico: Brasile, India, Cina, Messico e Sudafrica. La crisi economica e finanziaria del 2008 accelerò il processo di ampliamento del vertice: fu allora che il Presidente USA George W. Bush convocò, nel novembre 2008, il primo Vertice a livello di Capi di Stato e di Governo in formato G20, riunendo i paesi che già dal 1999 si incontravano a livello di ministri delle finanze: i paesi del G8 più Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia, Messico, Sud Africa, Turchia, Unione Europea. Nel complesso il G20 rappresenta più del 90% del PIL mondiale, l’80% del commercio globale e due terzi della popolazione del pianeta. Dati che fanno assumere a questo vertice allargato una importanza e una rappresentatività maggiore del G7 (che pure continua a riunirsi) ma che continuano ad escludere dai tavoli che contano i rappresentati di un terzo della popolazione mondiale: quella più povera. Anche nel G20 si è assistito ad una progressiva estensione dell’agenda anche a tematiche non economiche e finanziarie: sviluppo, energia, cambiamento climatico, fino all’attualissimo tema della salute, che sarà, assieme al coordinamento della tassazione sulle multinazionali, il tema centrale del vertice, a presidenza italiana, che si terrà a Venezia il prossimo 9-10 luglio. (d. t.)
Nel 1980, a Venezia, il G7 affrontò la perdurante crisi energetica, indicando nel carbone e nel nucleare le alternative al petrolio, e discusse della situazione in Afghanistan, dopo l’invasione sovietica. Nel 1984, a Londra, fu firmato un documento sul terrorismo internazionale e una dichiarazione sui valori democratici. Nel 1988, a Ottawa, fu varato un piano per la lotta agli stupefacenti e adottata, per la prima volta, una risoluzione sull’ambiente.
La fine del comunismo, nel 1989, cambiò lo scenario mondiale che faceva da sfondo all’incontro delle maggiori economie capitaliste. L’Unione Sovietica di Gorbaciov venne invitata per la prima volta nel 1991 a Londra. La neonata Federazione Russa partecipò per la prima volta al Vertice di Napoli del 1994 con il suo Presidente Boris Yeltsin, con l’avvio del formato G7+1, in cui la Russia si sarebbe confrontata con i 7 grandi alla conclusione di ogni summit.
A partire dal vertice di Denver del 1997, la Russia entrò a pieno titolo nel consesso che prese quindi il nome di G8. Il formato del vertice a 8 durò fino al 2014: la crisi Ucraina e l’annessione della Crimea da parte Russa fecero spostare il vertice da Sochi a L’Aia, escludendo il presidente Putin e sancendo il ritorno al formato con 7 partecipanti.
Davide Tondani