La Spagna ha legalizzato l’eutanasia

I vescovi contrari al voto del Parlamento: una scelta che si oppone alla vita

Il Palazzo del Congresso dei Deputati a Madrid

In Spagna era stata approvata lo scorso 17 dicembre dal Congresso dei Deputati, con 198 voti a favore, 138 contrari e due astenuti, ed ora, con l’approvazione definitiva del Senato (202 voti a favore – Socialisti, Podemos, il liberale Ciudadanos e il Pnv basco – e 141 contrari di Partido Popular, Vox ed altri partiti minori) la normativa che depenalizza e regola l’eutanasia è diventata legge ed entrerà in vigore dal prossimo mese di giugno.
Sarà “coperta” dal sistema nazionale di salute e potrà essere richiesta da maggiorenni, affetti da “una malattia grave o incurabile” in uno stato di “sofferenza grave, cronica e impossibilitante, causa di una sofferenza intollerabile”.
Come sempre accade con provvedimenti che toccano da vicino temi particolarmente delicati come quello della vita, il risultato del voto ha suscitato reazioni forti e contrastanti. Da una parte i sostenitori della proposta di legge – i socialisti del premier Pedro Sánchez, affiancati dal milione di firme raccolte attraverso la piattaforma Change.org – che hanno salutato con un lungo applauso l’esito del voto, e descritto la Spagna come un Paese “più umano, giusto e libero” perché riconosce il “diritto a morire degnamente”.
Di fatto, questo è il quarto Pese europeo (dopo Olanda, Belgio e Lussemburgo) e il settimo nel mondo (gli altri sono il Canada, la Colombia e la Nuova Zelanda) a legalizzare la”morte assistita”. Per il momento lo stesso provvedimento (già approvato a gennaio dal Parlamento) è bloccato in Portogallo dall’intervento della Corte Costituzionale. Forte è stato l’intervento da parte della gerarchia della Chiesa.
Il segretario generale della Conferenza episcopale spagnola (Cee), mons. Luis Argüello, ha definito l’approvazione definitiva della legge “una brutta notizia”, aggiungendo che “si è trovata la soluzione di evitare la sofferenza, provocando la morte di chi soffre”.
“In Spagna, ha aggiunto, ogni anno ci sono 60mila persone che muoiono tra le sofferenze: a questo si potrebbe rimediare con una politica adeguata di cure palliative”. Secondo il segretario Cee, sarebbe questo il momento giusto per favorire una cultura della vita e per fare passi concreti per promuovere un testamento biologico o dichiarazioni anticipate che consentano ai cittadini spagnoli di esprimere in modo chiaro e determinato il loro desiderio di ricevere cure palliative”.
Sull’argomento è intervenuto anche l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita: “La sofferenza e la disperazione dei malati non vanno ignorate ma la soluzione non è anticipare la fine della vita, la soluzione è prendersi cura della sofferenza fisica e psichica”. La Pontificia Accademia per la Vita, ha spiegato, sostiene la necessità di una vera cultura palliativa, che si faccia carico dell’intera persona.