Domenica 31 gennaio – IV del tempo ordinario
(Dt 18,15-20; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28)
Cammina Gesù, cammina verso il basso, verso Cafarnao e non si ferma, come attirato da qualcosa che grida silenzioso dal fondo dell’umano. Scende a Cafarnao, ci sarà tempo per la salita a Gerusalemme, ci sarà il tempo di una vita intera, intanto, prima di tutto, occorre scendere. Penetrare negli abissi dell’umano. E quando sei a Cafarnao entrare in Sinagoga, perché quella è la porta delle profondità, perché quello il luogo, in giorno di Sabato, che può aprire varchi di verità lucida e terribile.
Ma nemmeno in Sinagoga si ferma Gesù, continua, penetra, scende dentro le persone che trovano il coraggio di ascoltarlo: Gesù “in-segna”, cioè pone segni dentro le pareti del cuore, in-segna in fondo al cuore graffiti di speranza, incide possibilità. Certo che è pericoloso, perché tocca la vita nel punto più lontano, più basso e più nascosto. Cafarnao significa “villaggio della consolazione”, e allora capiamo. Gesù, all’inizio del Vangelo, scende nel cuore dell’uomo, lì dove siamo più soli per non lasciar da sola la nostra solitudine. Scende dove abbiamo relegato nella solitudine tutto ciò che ci spaventa.
Scende Gesù, non rimane in superficie, le consolazioni che non toccano l’intimo sono perverse e pericolose. Ogni cosa superficiale è pericolosa, sarebbe meglio non fosse mai nata. In superficie ci stanno le apparenze e le ipocrisie. In superficie galleggiano le maschere, le illusioni e i vestiti naufraghi dei nostri sogni più puri. Gesù entra dentro, questa la sua autorità. Autorità deriva da autore, Gesù agisce come un autore, Gesù scrive cose nuove nel fondo delle nostre solitudini, le scrive incidendole, facendo male, le scrive toccando nervi scoperti, le scrive esponendosi. Perché è pericoloso scendere fino a tale distanza: non sai mai cosa puoi trovare. Nel cuore lontano delle nostre solitudini ci sono tutti i nostri pensieri rimossi, ci sono tutti i pensieri più perversi, ci sono i nostri demoni.
Gesù scende a dare voce all’inconscio dei nostri demoni! No, non sappiamo che cosa “in-segna”, non interessa al Vangelo regalarci un manuale di contenuti, a noi interessa che Gesù arrivi fino a lì. Vita che non ha paura di scendere fino a incrociare i demoni che ci abitano, quelli che non abbiamo il coraggio di guardare negli occhi. (Ma perché noi tratteniamo il Vangelo in superficie? Perché l’abbiamo ridotto a favola per bambini? Per non spaventare?) “Che vuoi da noi Gesù Nazareno?” l’urlo è il nostro, l’urlo animale di chi è abituato a nascondersi. L’animale che ci abita ringhia, si dibatte, si sente scoperto.
Gesù si è preso il rischio di toccare il male che ci portiamo dentro. Potrebbe scatenarlo, potrebbe usarlo contro di noi oppure potrebbe liberarci dal male. (“Liberaci dal male”, quante volte l’abbiamo pregato? Cosa significa per noi? Come possiamo essere liberati da qualcosa che non vogliamo guardare negli occhi?)
don Alessandro Deho’