Boccaccio, il Decameron e la Lunigiana

Una terra che nel Medioevo era tra le più conosciute e citate

Una illustrazione del Decameron
Una illustrazione del Decameron

Quanta importanza diamo alle nostre terre? Quante volte ci è capitato di pensare di vivere in un territorio sperduto, fuori dal mondo, che nessuno conosce? Tante. Eppure viviamo nella terra in cui durante il proprio esilio ha soggiornato Dante, ospite dei Malaspina. E se ciò è noto ai più, forse non molti sanno che viviamo nelle terre nelle quali Giovanni Boccaccio, uno dei padri fondatori della nostra lingua e della nostra letteratura, ha ambientato due novelle del Decameron: la quarta della prima giornata e la sesta della seconda.
“Fu in Lunigiana, paese non molto da questo lontano, uno manistero già di santità e di monaci più copioso che oggi non è”. È questo l’incipit della quarta novella della prima giornata, ambientata interamente in Lunigiana. Al di là della trama del racconto, l’elemento che deve farci riflettere è il fatto che Boccaccio abbia scelto di collocare le vicende in un monastero lunigianese. Vittore Branca, stimato critico letterario del ‘900, fa notare che, ancora nel XIV secolo, nelle nostre terre vi era il monastero Benedettino di Montelungo che rispecchiava la descrizione del monastero descritto da Boccaccio in questa novella. Lo stesso Branca osserva però che si potrebbe trattare del priorato di Santa Croce del Corvo sul Caprione, sopra Lerici, ma i boschi (e non il mare) che circondano il monastero – sostiene il critico – ci invitano a preferire la prima interpretazione.
La Lunigiana torna ad essere nominata nell’opera con la sesta novella della seconda giornata. La trama è complessa e lunga, ma ciò che ci interessa è il momento in cui la protagonista decide di imbarcarsi con Currado Malaspina “e con buon vento tosto infino nella foce della Magra n’andarono, dove smontati, alle loro castella se ne salirono”. La Magra, già nel Trecento, suscitava emozioni per la bellezza dei paesaggi tra la costa e i colli di Lunigiana, sulle cui vette vi erano borghi arroccati (di cui Boccaccio fa menzione in I, 4) e castelli. Il castello che qui viene considerato è forse quello di Mulazzo, in cui vi è la cosiddetta Torre di Dante, nonostante non sappiamo con certezza se davvero il poeta fiorentino fosse presente in quel luogo.
La settima novella della terza giornata merita invece un commento a parte. Gli aspetti interessanti sono due: in primis, viene qui introdotto un personaggio chiamato Faziuolo da Pontriemoli che ci conferma l’importanza della città non tanto per Boccaccio, quanto piuttosto per la società medievale in generale. A conferma di ciò, il secondo elemento di interesse sono i cosiddetti fanti di Lunigiana, che Boccaccio cita senza dar loro troppa importanza. Importanza che per noi questi “fanti” hanno eccome. Sebbene a prima vista non sembrino degni di nota, in realtà ci mostrano con chiarezza quale fosse il significato e il ruolo della Lunigiana del Trecento.
A questo proposito, Roberta Morosini, insegnante di letteratura italiana presso la Wake Forest University, in North Carolina, ci offre informazioni molto utili nel proprio articolo “Fu in Lunigiana’: La Lunigiana e l’epistola di frate Ilario nella geografia letteraria di Boccaccio”.
In primis – nota Morisini – ci dobbiamo ricordare che Boccaccio non è uno storico, ma un narratore. Di conseguenza, i riferimenti ai vari territori non vanno letti in chiave storica, bensì letteraria. La Lunigiana, come gli altri luoghi, è puramente evocativa, al servizio della poetica di uno scrittore che probabilmente non è nemmeno mai stato nelle terre che descrive, ma delle quali si serve esclusivamente come mere ambientazioni.
E se all’interno del Decameron possiamo leggere della Lunigiana, ciò è dovuto a due aspetti: da una parte le nostre erano terre di passaggio per i pellegrini che si dirigevano a Roma lungo la Via Francigena (Branca spiega che il monastero di Montelungo era il primo luogo che i viandanti incontravano entrando in Toscana), per i mercanti, ma anche per i soldati (come testimoniano i fanti di Lunigiana); d’altra parte, è bene ricordare che Boccaccio si pone spesso in relazione (per contrasto o per analogia) a Dante e i riferimenti lunigianesi, da Corrado Malaspina al castello di Mulazzo, sono collegati principalmente alla figura del poeta fiorentino.
Resta comunque il fatto che facciamo parte di una terra che un tempo ispirò i più grandi scrittori della nostra letteratura, ma troppo spesso ci dimentichiamo di darle il giusto valore. Potremmo, magari, essere fieri di rispondere “dalla Lunigiana” se qualcuno ci chiedesse “da dove vieni?”. E potremmo, magari, cominciare a raccontare che nel passato fu in Lunigiana uno manistero già di santità e di monaci più copioso che oggi non è. Il resto è semplicemente la nostra storia.

Andrea Mori