20 settembre 1870, Roma è la capitale del Regno

150 anni fa la breccia di Porta Pia e la resa di Pio IX

Fanti e Bersaglieri entrano dalla breccia di Porta Pia. Particolare dell’affresco nel Museo Torre di San Martino della Battaglia, a Desenzano sul Garda, che raffigura la morta del maggiore Pagliari
Fanti e Bersaglieri entrano dalla breccia di Porta Pia. Particolare dell’affresco nel Museo Torre di San Martino della Battaglia, a Desenzano sul Garda, che raffigura la morta del maggiore Pagliari

Il 2 settembre 1870 Napoleone III è sconfitto nelle Ardenne, a Sedan, dall’esercito prussiano: l’imperatore di Francia, fatto prigioniero, viene esiliato in Inghilterra: a Parigi si proclama la Terza Repubblica, ma il tentativo di riorganizzare l’esercito per resistere ai Prussiani è vano; la disfatta della Francia è tale che quattro mesi dopo la proclamazione dell’impero tedesco avviene addirittura a Versailles.
La sconfitta francese ha conseguenze anche in Italia: soprattutto a Roma, perché il Papa perde la protezione politica e militare di Napoleone III le cui truppe erano state più volte decisive nella difesa e nella riconquista della città. Per i francesi la questione della Unità d’Italia andava risolta con un accordo tra Nazioni e non farla decidere da quelli che venivano giudicati pericolosi moti di popolo come quelli repressi tra il 1848 e il 1849. Ma, dopo la nascita del Regno d’Italia, sarebbe stata solo questione di tempo: lo sapevano i francesi e ne era consapevole papa Pio IX; la città era destinata ad esserne la capitale, già trasferita da Torino a Firenze.

La breccia aperta nelle mura Aureliane poco a monte di Porta Pia
La breccia aperta nelle mura Aureliane poco a monte di Porta Pia

Come aveva annunciato più volte Cavour davanti al Parlamento: Roma doveva diventare “la splendida capitale del Regno Italico”. Già alla fine di agosto di quel 1870 nel Lazio stazionavano cinque divisioni dell’Esercito di Vittorio Emanuele II forti di 50mila uomini: ufficialmente l’incarico è di controllare la situazione per evitare moti insurrezionali contro la città, ma gli “osservatori” possono trasformarsi in qualunque momento in forze d’attacco che avrebbero un numero di effettivi doppio rispetto a quelle del Papa. L’8 settembre Pio IX riceve una lettera nella quale Vittorio Emanuele II annuncia “l’indeclinabile necessità” che presto le truppe italiane debbano occupare la città per garantire “la sicurezza di Vostra Santità”.
Secondo alcuni il Papa avrebbe risposto “voi non entrerete in Roma”, mentre secondo altri sarebbe stato ben consapevole di non poter resistere al possibile attacco; in ogni caso non accetta la resa che gli viene implicitamente richiesta. Il 10 settembre il gen. Raffaele Cadorna, comandante delle cinque divisioni schierate ai margini dello Stato Pontificio, riceve l’ordine di superare il confine: la prima a muoversi è la divisione schierata a nord e comandata dal gen. Nino Bixio che in poche ore conquista Viterbo.
Il 15 settembre l’Esercito occupa Civitavecchia con gli zuavi del Papa che si arrendono senza combattere. Nel frattempo, a sud, anche Frosinone viene presa e il 16 settembre tutte le divisioni sono schierate a meno di dieci chilometri da Roma. Il generale tedesco Hermann Kanzler, capo di stato maggiore dell’esercito pontificio, rifiuta l’invito alla resa e Cadorna fa avanzare le truppe fin quasi sotto le mura aureliane. L’attacco avviene all’alba del 20 settembre. Alle 5 inizia il cannoneggiamento, decisivo quello nella zona di Porta Pia, effettuato dal 7° reggimento artiglieria di Pisa; quattro ore dopo la breccia è aperta ad una cinquantina di metri dalla Porta: è abbastanza ampia per far entrare le truppe in città. I prescelti sono i soldati di un battaglione di fanteria e di uno di bersaglieri: ma intorno alle 10, mentre i reparti iniziano l’attacco, a Porta Pia viene issata la bandiera bianca; in breve altre compaiono su tutto il perimetro delle mura.

I Bersaglieri a Porta Pia

Non vi è alcun dubbio che il cappello piumato dei Bersaglieri sia uno dei simboli del Risorgimento: la partecipazione in prima linea di un loro battaglione alla presa di Porta Pia ha fissato nella memoria d’Italia il ruolo di quel corpo dell’Esercito costituito con atto di Carlo Alberto di Savoia, re di Sardegna, il 18 giugno 1836 ma ideato dal capitano Alessandro La Marmora.
Un corpo scelto, militari dotati di mira fuori dal comune, addestrati al tiro e a resistere alla fatica, capaci di muoversi velocemente, equipaggiati con le armi più moderne a disposizione. La prima guerra di Indipendenza fu il loro battesimo del fuoco, nella primavera 1848 durante la battaglia di Goito quando l’esercito piemontese sconfisse quello austriaco di Radetzky; nel 1855 i bersaglieri furono schierati nella guerra di Crimea.
La proclamazione del Regno d’Italia vide la riorganizzazione del Corpo in sei reggimenti per un totale di 36 battaglioni. Fu il 34° ad essere schierato in prima linea davanti alle mura aureliane di Roma la mattina del 20 settembre 1870 e a ricevere l’ordine di entrare per primo dalla breccia aperta a Porta Pia: nell’azione morì il comandante, il maggiore Giacomo Pagliari, al quale venne assegnata la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. (p. biss.)

Pio IX si è arreso: la situazione gli è parsa insostenibile, bisogna evitare inutili sofferenze e altri spargimenti di sangue, anche se gli scontri proseguiranno fino alla formale resa militare del gen. Kanzler. Sul campo rimangono 49 morti tra fanti e bersaglieri, 20 nelle file dell’esercito pontificio, quasi duecento il totale dei feriti. Il giorno dopo Cadorna prende possesso di Roma, Pio IX si ritira entro le mura della cittadella vaticana costruite da Leone IV nel IX secolo; il 27 settembre anche Castel Sant’Angelo è occupato dall’esercito italiano: da allora al papa rimane il solo Vaticano.
Il 2 ottobre 1870 si svolge il plebiscito: il “sì” all’annessione di Roma al Regno è quasi unanime. Finisce così il potere temporale del Papa e prosegue la “questione romana”: il 1° novembre Pio IX firma la Respicientes ea, enciclica che definisce “ingiusta, violenta, nulla e invalida” l’occupazione di Roma e di tutti i territori dello Stato Pontificio. Primo atto di quel lungo contenzioso che si sarebbe concluso solo nel 1929 con i Patti Lateranensi, la cui approvazione ebbe anche una conseguenza sul calendario civile italiano: la festa nazionale del 20 settembre, istituita nel 1895 per celebrare la presa di Roma e l’Unità d’Italia viene cancellata.

(Paolo Bissoli)