Sui profughi occorre vincere l’indifferenza dei singoli e degli Stati

Il Dossier di Caritas Italiana. Il grave problema in Iraq e nel mondo

26profughi1Sono 1,6 milioni i profughi interni – in inglese: Internal Displaced People (Idp) – in Iraq, sfollati a causa dell’Isis, che nel 2014 conquistò la città di Mosul e la Piana di Ninive, generando all’apice del conflitto circa 6 milioni di rifugiati. Sono alcuni dei numeri del Dossier, diffuso da Caritas Italiana in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato (20 giugno), che presenta un focus specifico sulla situazione in Iraq, dove la Caritas sostiene da anni interventi in favore degli sfollati ed altre fasce vulnerabili della popolazione in collaborazione con Caritas Iraq ed altre realtà della Chiesa locale.
Gli sfollati, si legge nel Dossier, “sono persone che hanno paura a tornare nelle loro case, se ancora esistono, e che a fatica immaginano un futuro felice. Durante gli ultimi 40 anni hanno subito quattro guerre, dieci anni di embargo, otto anni di occupazione militare straniera e nove anni di terrorismo interno sfociato in una vera e propria guerra civile, non ancora del tutto sopita”.
Nonostante l’Iraq sia oggi una terra ferita da profonde insicurezze e disordini sociali, “nel corso degli ultimi due anni i numeri dei profughi interni sono drasticamente diminuiti per raggiungere il livello più basso di sempre nel 2019, con 104 mila nuovi sfollati registrati e oltre 1,6 milioni di persone che continuano a vivere lontano dalle loro città di origine”.
26profughi2Un dato, quest’ultimo, che “illustra i significativi progressi compiuti dal governo iracheno per indirizzare il fenomeno. Oltre tre quarti degli Idp sono infatti sfollati da più di tre anni e aspettano una soluzione durevole che permetta loro di ricominciare una vita stabile”. Una stabilità che, si legge nel Dossier, purtroppo appare ancora lontana, come dimostrano gli attacchi terroristici nei governatorati occidentali e in quelli del centro-nord da parte di gruppi jihadisti dell’Isis contro obiettivi governativi e civili, condotti allo scopo di scoraggiare i ritorni dei profughi della popolazione locale originaria.
Tra gli obiettivi del Governo iracheno, afferma Caritas Italiana, “è chiudere numerosi campi profughi e far tornare, entro il 2020, tutti gli sfollati presso le loro terre di origine. Tuttavia lo smantellamento dei campi di accoglienza lascia gli sfollati in una situazione di incertezza ancora maggiore, che spesso sfocia in una nuova condizione di sfollamento.
26profughiDelle 462 mila persone che nel 2019 hanno scelto di rientrare nelle proprie case, 456 mila vivono in una condizione di sicurezza parziale, mentre le restanti 6 mila, nonostante gli sforzi messi in atto per ricominciare una vita dignitosa, sono nuovamente ricaduti nella condizione di sfollato”.
Il Dossier, inoltre, presenta un focus su “gli sfollati dell’acqua” che mostra come “nel Sud dell’Iraq, nei governatorati di Bassora, Misan e Thi-Qar, sia crescente il degrado ambientale, alimentato dall’inquinamento delle acque e dagli effetti del cambiamento climatico”. Ciò spinge “sempre più persone a lasciare i propri villaggi alla ricerca di un futuro migliore.
Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale per le Migrazioni, in queste tre regioni la carenza d’acqua avrebbe provocato quasi 15 mila nuovi sfollati a partire da gennaio 2019”. La situazione, spiega la Caritas, “è destinata ad aggravarsi per effetto della crisi climatica che ridurrà la portata d’acqua del Tigri e dell’Eufrate”, principali fonti idriche del Paese.
“La diminuzione delle precipitazioni a monte dei due fiumi (un calo previsto del 16% attorno al 2050) porterà – secondo la Caritas – Paesi come la Siria e la Turchia ad aumentare la capacità delle numerose dighe costruite nei decenni passati e il governo irakeno stima per il 2035 una riduzione del 35% della quantità d’acqua che arriva nel Paese rispetto al 2015”.
A causa di ciò, l’Iraq perderà circa 250 chilometri quadrati di terra arabile all’anno, con evidenti effetti a catena sui mezzi di sussistenza della popolazione rurale. Nel dossier Caritas Italiana presenta alcune proposte di intervento, per affrontare le crisi umanitarie vissute da 50 milioni di persone, sfollate dalle loro terre. Per prima cosa, appare necessario rompere il velo di indifferenza verso gli sfollati interni, sia da parte dei singoli che dei governi. Ne consegue l’urgenza di stanziare “più risorse per gli aiuti umanitari, la ricostruzione e la riabilitazione, per una comunità di sfollati protagonisti del proprio riscatto”.
“Una comunità attenta e sensibile al dolore di 50 milioni di sfollati sarà in grado di fare pressione sui propri governi e le istituzioni internazionali affinché si stanzino risorse finanziarie e umane, sufficienti a una assistenza umanitaria immediata e a una ricostruzione e riabilitazione di lungo periodo”.
Altre proposte sono “investire nella riconciliazione e in forme innovative di partecipazione democratica” e rimettere l’Iraq “al centro delle attenzioni della comunità internazionale, non per carità ma per giustizia”.

D. R. – Agensir