Un aiuto per chi ha subito i disagi maggiori dal distanziamento
I bambini fino ai 6 anni sono stati tra i soggetti che hanno subito i maggiori disagi in questo periodo. Non sono potuti uscire, non potevano accedere ai parchi giochi, non hanno potuto incontrare i propri nonni. E anche se stavano a casa con i loro genitori, dovevano rispettare i loro tempi, scanditi, in tanti casi, dai ritmi del lavoro a distanza, dimostratosi non sufficiente a conciliare i tempi.
La carenza di servizi per l’infanzia è considerata una delle cause della continua flessione della natalità in Italia. Anche nel Family Act proposto negli ultimi giorni è previsto un allargamento dell’offerta dei servizi educativi per l’infanzia.
Ma l’apporto che questi potrebbero offrire è ben più ampio. Frequentare l’asilo potrebbe diventare importante per i bambini che provengono da famiglie più vulnerabili, perché la loro “scolarizzazione anticipata” offrirebbe una chance in più per il prosieguo del percorso scolastico e potrebbe aiutarli ad ambientarsi e orientarsi meglio nel mondo della scuola, oltre a gettare le basi di una socialità più ampia.
Qualche anno fa l’attenzione verso gli asili e i servizi per la prima infanzia è stata spostata dall’ambito assistenziale all’ambito educativo, con la legge 107/2015 e il decreto legislativo 65/2017. L’obiettivo dichiarato era quello di garantire una continuità al percorso educativo dei bambini più piccoli. In questo modo i servizi per l’infanzia non sarebbero stati considerati soltanto un sostegno alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per i genitori, ma un’azione per promuovere percorsi di crescita delle bambine e dei bambini, che avrebbero potuto avvalersi di un’opportunità in più.
Una voluminosa ricerca dal titolo “Nidi e servizi educativi per l’infanzia”, pubblicata di recente dall’Istat, osserva lo stato dell’arte in Italia sul tema. Dai risultati si evince che il tasso degli iscritti durante l’ultimo triennio è migliorato e si avvicina agli obiettivi fissati dall’Unione europea.
Purtroppo rimangono forti disuguaglianze nella distribuzione territoriale dei servizi e dei soggetti che ne usufruiscono. Proprio il secondo aspetto sembra centrale. La stragrande maggioranza dei bambini che frequentano i nidi sono figli di genitori entrambi lavoratori e, spesso, con una laurea.
Questo risultato è l’effetto di due cause: da un lato la selezione – a partire da un numero ancora limitato dei posti disponibili – porta a favorire i genitori occupati; dall’altro lato molte famiglie scelgono di seguire direttamente i bambini nei primi anni di vita.
Dunque, se da una parte il servizio è scelto soprattutto per motivi di cura, dall’altra parte non sembra ancora affermarsi l’idea che nei primi anni di vita andare a scuola possa essere importante per iniziare a familiarizzare con il percorso scolastico, per non rimanere indietro in seguito. (A. C.)