Opera dei Baratta un altare nel Duomo di Pontremoli

Quello della cappella di San Giuseppe, realizzato dagli scultori carraresi Francesco e Paolo all’inizio del XVIII secolo

L'altare della Cappella di San Giuseppe nel Duomo di Pontremoli
L’altare della Cappella di San Giuseppe nel Duomo di Pontremoli

Sollecitato dall’ottimo studioso don Emanuele Borserini, autore di una recentissima tesi di laurea sul mirabile altare barocco di Virgoletta, ho deciso di pubblicare qui documenti inediti che ho rinvenuto anni fa presso l’Archivio di Stato di Firenze relativi ad un altare marmoreo di Pontremoli. Grazie a questi manoscritti, che andrò a citare, sono in grado di affermare con certezza che l’altare della cappella di San Giuseppe del Duomo di Pontremoli (la prima da destra entrando) è stato realizzato negli anni 1706-1708 dalla bottega dei Baratta e, ancora più precisamente da Francesco e Paolo Baratta di Carrara.
Andiamo con ordine! Nella pubblicazione dedicata alle “Feste centenarie della Madonna del Popolo 1687-1787-1987. La chiesa di S. Maria Assunta nei secoli e nella devozione di Pontremoli” uscita nel 1987 si legge a pagina 42: “Cappella di San Giuseppe. Altare di pregevole fattura in marmi policromi con colonne a spirale in marmo rosso screziato. La mensa è sostenuta da due putti cariatide e presenta un paliotto marmoreo con bassorilievo raffigurante la Fuga in Egitto. Notevole la pala, di impianto napoletano, opera di ignoto del sec. XVII, raffigurante San Giuseppe morente assistito da Gesù e Maria.”
23Baratta_Duomo3Già nel 2006 pubblicai un contributo sul LVIII volume dell’ Archivio Storico per le Province Parmensi (intitolato “L’Oratorio di Sant’Anna di Caprio nel XVIII secolo”, pp. 51-75) nel quale dimostrai, con documenti alla mano, che l’altare maggiore marmoreo dell’oratorio di Sant’Anna di Caprio di sopra era stato realizzato da certo Andrea Baratta nel 1702. Mi colpirono in particolare i putti cariatide che sorreggono la mensa dell’altare, molto simili a quelli, ben documentati, che sorreggono la mensa dell’altare della cappella del Crocefisso della Beata Vergine del Voto di Modena, per il quale Andrea Baratta fu definito dal letterato modenese Giorgio Angelini il “Fidia di Carrara”.

Uno dei due putti cariatide che sostengono la mensa dell'altare
Uno dei due putti cariatide che sostengono la mensa dell’altare

Da allora cercai altre testimonianze in giro per la Lunigiana convinto in qualche modo che quei putti cariatide fossero un po’ un marchio di fabbrica della famiglia Baratta per gli altari. Consapevole del fatto che attribuire per rassomiglianza non è la medesima cosa che documentare ho cercato e continuo a cercare nei diversi archivi ciò che gli occhi sembrerebbero percepire per provare a suffragare scientificamente ipotesi interessanti, già accennate nella nota numero 60 del saggio su sant’Anna di Caprio, in cui citavo anche l’altare di San Giuseppe del Duomo.
Il 20 dicembre 2008, in una delle mie frequenti consultazioni dell’Archivio di Stato di Firenze, mi sono imbattuto in documenti inequivocabili, che ci permettono di conoscere gli autori di questo altare. Riporto fedelmente dal Libro delle uscite della Compagnia di San Giuseppe Agonizzante: “(A) dì 7 Gennaio 1707 speso in giornate, sabione, giesso e calzina nel metere in opera l’altare di marmo come dalla lista che principia il dì 10 aprile e termina il 7 gennaio 1707 lire 188.4. A detto per pezze 38 barboni 3 ½ pagati per compire le peze 359 secondo costa detto altare fato dal Sig.e Franc° Barata di Carara e lire 14 per peza sono 536:18 / 778: 12 […] A dì 10 febraio 1708. Pagato al Sig.re Paulo Barata di Carara lire setanta che sono per la zonta fatta al altare come per mandato L 70”(1).
Come si noterà si tratta di poche righe ma altamente significative che permettono di comprendere come anche questo altare marmoreo sia stato realizzato dalla famiglia Baratta. Non è questa la sede idonea per soffermarsi sugli scultori menzionati nei manoscritti fiorentini. Solo ricerche approfondite potranno permettere di contestualizzare meglio il documento rinvenuto e comprendere qualcosa di più su Francesco e Paolo Baratta ed il possibile grado di parentela con Andrea Baratta.
Come ha recentemente affermato a Pontremoli l’illustre storico Franco Cardini, nelle ricerche ogni punto d’arrivo è un altro punto di partenza. Oggi cito questa fonte d’archivio e un domani si potrà ripartire da qui. A me basta aggiungere, in questo momento delicato per tutti, una piccola conoscenza utile al nostro territorio. Quando usciremo dalla pandemia e a poco a poco riconquisteremo le nostre piazze, le nostre chiese e i nostri archivi potremo guardare con occhi nuovi anche queste piccole scoperte.

Marco Angella

(1) Archivio di Stato di Firenze, Compagnie Religiose Soppresse da Pietro Leopoldo, b. 3261 (Compagnia di San Giuseppe Agonizzante di Pontremoli), G. CIX, n. 3, Uscite (1697-1708), cc. 11-12