Domenica 3 maggio – IV di Pasqua
(At 2,14.36-41; 1Pt 2,20-25; Gv 10,1-10)
Portaci Signore al cuore della vita, ma portaci tu, prendici per mano; di troppi ladri ci siamo fidati, in tanti hanno fatto credere di volere il nostro bene e invece hanno solo rubato la nostra libertà. Ladri e briganti che non hanno dovuto nemmeno forzare troppo la porta del recinto, in fondo li stavamo aspettando, hanno solo promesso improbabili futuri in cambio del nostro assenso.
Ideologie politiche, ideologie di mercato, ideologie religiose, ideologie populiste: ladri e briganti a cui abbiamo dato, e stiamo dando, fiducia. Ladri e briganti a cui stiamo dando noi stessi, e diventiamo numeri a tenere in vita il bisogno di idoli. Sì, perché è sempre questione di idoli, di faraoni, di libertà. È sempre questione di Esodo. Di una porta aperta da attraversare, di una rottura delle acque e di un sentiero in mezzo, a salvarci, a farci nascere.
“Esci dalla tua terra” è la voce che abita il nostro desiderio più profondo, siamo nati per viaggiare, per nascere, per uscire, siamo gente con l’avvenire tatuato nel cuore, siamo eccentrici e bisognosi di un desiderio da camminare: è la nostra forza e la nostra debolezza. I potenti conoscono le nostre fami e costruiscono tentazioni su misura. Tu Signore sei venuto a parlare al nostro bisogno profondo, sei venuto a risvegliarlo, a proteggerlo e a consegnarlo a un cammino percorribile, liberante.
Il Vangelo di oggi è ancora pagina di liberazione possibile, canto di pastore innamorato, invito al viaggio rivolto ai nostri cuori smarriti.
Al guardiano impaurito, al custode timoroso del nostro cuore il primo invito: “apri!”. Il ladro chiude, il ladro rassicura, il ladro dipinge il viaggio come un inutile rischio, ciò che ci serve, a suo avviso, si può acquistare e non c’è sforzo richiesto, tutto è facile. Il viaggiatore innamorato conosce invece la Verità e non mente, nascere è rischioso. Ma è bellissimo.
Nascere è aprire spazi di futuro, è non lasciarsi trattenere dalla nostalgia, dal passato rassicurante e idealizzato. Nascere è aprire spazi, aprire ponti, aprire frontiere, aprire scenari. Aprire è il mondo duro e affascinante regalato a Adamo ed Eva, l’idealizzato è alle spalle e il reale è da danzare, compreso il dolore, compresa la bellissima morte. Aprire è il Sogno infilato nel cuore di Abramo, è lasciare le sicurezze. Aprire è lotta contro il faraone, quello che abbiamo dentro, quello che non ci molla mai. Aprire è una pietra rotolata via dal sepolcro, a dire che quel bisogno di cammino non può fermarlo nemmeno la morte.
Trovare custodi della nostra vita che sappiano aprire futuro e diventare capaci di fiducia questa, oggi, la buona notizia, il primo passo verso la libertà. Nella pagina di oggi è tracciato un sentiero tra le acque.
don Alessandro Deho’