
Nel libro “Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io” il vaticanista Lucio Brunelli racconta il “suo” Bergoglio
“Un padre, un sacerdote” mosso da una grande forza che nasce dalla sua “dimensione meno conosciuta”, cioè la preghiera. Lucio Brunelli, prima vaticanista del Tg2 e poi direttore dell’informazione a Tv2000, racconta Jorge Mario Bergoglio nel libro “Papa Francesco. Come l’ho conosciuto io” (ed. San Paolo), frutto di un pezzo di strada condiviso.
Un cammino cominciato per Brunelli nei panni di cronista, anche se in un contesto informale a casa di amici, e poi divenuto più personale tanto da spingere il giornalista ad aprire al futuro Papa la sua anima nei momenti importanti della sua vita e “condividere pensieri, dolori e gioie”.
Anche la distanza Roma-Buenos Aires è caduta con lo scambio di lettere, telefonate e mail. Per la prima volta, si sono incontrati otto anni prima che il cardinale Bergoglio divenisse Papa Francesco. E, anche dopo la sua elezione al soglio pontificio, questo filo diretto non si è interrotto.
“Sapevo di lui dai racconti di alcuni amici – spiega Brunelli – un cardinale che viveva come un monaco, si alzava alle 4 per pregare, rifiutava ogni mondanità, si muoveva in città con i mezzi pubblici, non dava interviste. Mi affascinava questa figura ma mi metteva anche soggezione. Così austero e severo. Invece, quando lo incontrai di persona, nell’ottobre 2005 a Roma, mi trovai di fronte un uomo di Dio, certamente, ma che ti metteva subito incredibilmente a tuo agio. Mite ed ilare. Mi chiese se potevo pregare per lui e sentii che non era un convenevole clericale. Mentre aspettava che rispondessi, mi guardava come se in quel momento la mia risposta fosse per lui la cosa più importante del mondo”.
Dopo la pensione l’autore ha sentito il dovere di scrivere qualche ricordo di quell’incontro speciale: “pensavo a un diario destinato ai figli e agli amici più stretti, poi proprio alcuni amici leggendo queste pagine mi dissero che la lettura a loro aveva ‘fatto bene’, che avevano capito meglio Bergoglio. E mi hanno convinto a pubblicarlo”.
Lucio Brunelli ricorda con un misto di emozione e sorriso la prima telefonata di Papa Francesco dopo l’elezione: “Non mi aspettavo che mi chiamasse. Stavo lavorando in redazione, a Borgo Sant’Angelo, erano passati due giorni dalla fumata bianca. Mi emozionai, non riuscivo a parlare. Mi scusai. ‘Finisci pure di piangere, ti aspetto’, mi disse. In un’altra occasione in cui gli avevo scritto confidandogli un grande dispiacere, il Papa mi chiamò dopo poche ore per dirmi parole di consolazione, di conforto, di vicinanza”.
“Quello che ho conosciuto – prosegue l’autore – è un Papa che vive di una preghiera tradizionale, di rosari, di adorazioni eucaristiche, di devozione a san Giuseppe e a santa Teresina e che si affida alla preghiera. Quello è il suo segreto che gli fa vivere in pace tante situazioni. È il segreto della sua pace interiore. La cosa che più mi colpisce è questa sua pace che non lo abbandona anche tra tante difficoltà e preoccupazioni. Per me è un mistero come faccia a non stressarsi con tutti i pensieri, i dossier complicati che deve esaminare, l’odio e le mistificazioni che a volte subisce”.
“Il Papa – conclude Brunelli – dice spesso che la sfida più impegnativa che ha davanti è l’incontro finale con il Padre eterno. Arrivare davanti a Lui con il cuore sereno e la coscienza il più possibile a posto. Avendo davanti questo orizzonte si sente libero di non curarsi troppo dei condizionamenti esterni e di seguire la strada che in coscienza sente più giusta: il desiderio di una Chiesa che assomigli un po’ di più al suo Signore, quindi vicina alla gente, libera di fronte al potere, attenta ai più poveri, capace di testimoniare la verità e la mitezza di Cristo”.