La difficile lotta contro il Coronavirus e i rischi dell’isterismo

Lo “scoppio” della malattia in Italia: non si parla d’altro e questo contribuisce ad alimentare l’agitazione

09Corona_virusFornire cifre sui contagi e sui decessi per coronavirus in Italia (e ancor più nel mondo) è una sfida persa in partenza perché i dati si aggiornano di ora in ora. Indicativamente, a martedì pomeriggio (quando viene scritto questo articolo ndr), si parla di più di 280 casi di contagio riconosciuti (oltre 200 in Lombardia, oltre 30 in Veneto, una ventina in Emilia Romagna, sotto i dieci in Piemonte e nel Lazio, poche unità in Toscana e in Sicilia).
Il tutto a dimostrare, se ce ne fosse bisogno, l’impari lotta che autorità politiche e amministrative da una parte e operatori sanitari dall’altra sono chiamati a sostenere. Senza contare i comuni cittadini dal cui senso di responsabilità deriva una parte non piccola della possibilità di successo nel fermare questa nuova epidemia.
Logico che lo “scoppio” della malattia in Italia abbia messo in secondo piano non solo le diatribe politiche all’ordine del giorno da mesi, ma anche le informazioni che continuano a giungere dalle altre parti del mondo, a partire dalla Cina e più in particolare dalla provincia di Hubei e dalla città di Wuhan, da dove il virus si sarebbe diffuso un po’ in tutto il mondo.

Le disposizioni dei Vescovi della Toscana

In merito alla grave situazione creatasi nel Paese, lunedì scorso la Conferenza episcopale italiana ha diffuso un comunicato per garantire il massimo della collaborazione con le autorità preposte. “Davanti al diffondersi del coronavirus, alla notizia dei primi decessi, alla necessità di tutelare la salute pubblica, arginando il più possibile il pericolo del contagio, si susseguono richieste relative a linee comuni anche per le nostre comunità ecclesiali”, si legge. “Come presidenza della Conferenza episcopale italiana avvertiamo il dovere di una piena collaborazione con le competenti Autorità dello Stato e delle Regioni per contenere il rischio epidemico: la disponibilità, al riguardo, intende essere massima, nella ricezione delle disposizioni emanate”.
“Ci impegniamo a fare la nostra parte per ridurre smarrimenti e paure, che spingerebbero a una sterile chiusura”, l’impegno preso dalla Cei. In particolare, i Vescovi della Toscana, nella giornata di martedì, hanno emanato disposizioni affinché “nelle chiese ci si attenga ai seguenti comportamenti: tenere vuote le acquasantiere; omettere il gesto dello scambio della pace nelle celebrazioni liturgiche; distribuire la Santa Comunione esclusivamente sulla mano; prendere precauzioni durante le Confessioni auricolari e in contesti di contatti personali”.
I sacerdoti sono invitati a spiegare ai fedeli che si tratta di doverose misure precauzionali, da attuare per il bene della società. Per il momento, si afferma nel comunicato, “non si ritiene di dover prendere altri provvedimenti che possano limitare la vita pastorale”.

Dicevamo delle cifre impossibili da tenere sotto controllo. Basta andare a rileggere i “bollettini di guerra” dei giorni e delle settimane scorse: è un continuo aggiungersi di città e nazioni, un continuo aumentare del numero dei contagiati e delle vittime. Giornali di carta, on line e televisivi non parlano più d’altro da giorni: un fatto di per sé inevitabile, ma che contribuisce non poco ad alimentare la preoccupazione e l’agitazione e ad ispirare comportamenti assurdi nella gente. La scomparsa delle mascherine dai negozi e dei cibi dagli scaffali dei supermercati ne sono una conferma.
09corona_virus1Non ha contribuito a rasserenare gli animi, in Italia, l’uscita del presidente del Consiglio Conte, che ha addossato alle regioni comportamenti improntati all’improvvisazione, suscitando l’immediata reazione dei “governatori”, i quali, per parte loro, non parlano allo stesso modo quando si tratta di proteggere i propri territori e di denunciare comportamenti discriminatori da parte di colleghi delle regioni, per il momento, meno colpite. Anche qui, il momento difficile richiederebbe piuttosto atteggiamenti di collaborazione, invece di cercare medaglie da appuntare al petto. Verrà il giorno in cui si potranno tirare le somme per definire gli errori ed assumersi le responsabilità!
Al momento in cui scriviamo, è il Nord Italia la zona più provata. Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto le regioni più colpite, con queste ultime due segnate dalla presenza di focolai di infezione che hanno portato alla messa in quarantena e isolamento di interi comuni e zone abitate. Ma anche il Trentino e il Friuli Venezia Giulia sono coinvolti pesantemente.
Di conseguenza, drastici sono i provvedimenti presi: si va dalla chiusura delle scuole a quella di musei, teatri e, in alcuni casi, anche cinema; chiusure anticipate dei locali pubblici; sospese le attività sportive dilettantistiche; partite a porte chiuse per le serie di calcio maggiori; sospensione di manifestazioni, concorsi, processi; messe sospese e chiese chiuse.
Tutte le regioni, poi, anche le meno colpite, hanno predisposto linee telefoniche per chi voglia segnalare situazioni di rischio o anche solo dubbie e si stanno predisponendo strutture provvisorie per far fronte ad eventuali aumenti incontrollati di ricoveri.
Tutto questo fa capire che, come si diceva sopra, molto possono fare a che i singoli cittadini, assumendo atteggiamenti responsabili, soprattutto negli spostamenti ad ampio raggio. Nella vita di tutti i giorni, a detta degli esperti, dovrebbero bastare una igiene personale accurata e un po’ di prudenza riguardo ai momenti di socializzazione.
Non è, quindi, giustificato il panico, che può solo portare ulteriori disagi. Anche perché, fin dal primo giorno, gli scienziati affermano che da una parte il virus è più contagioso di altri, ma meno “cattivo” nei danni che può arrecare.

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