Alessandro Malaspina e la sua spedizione scientifica intorno al mondo

copertina Alessandro MalaspinaDopo “Lunigiana ignota” Tarka edizioni di Mulazzo a dicembre 2019 ha ristampato un secondo libro di Carlo Caselli (Guastalla 1861- Pallerone 1944) “Alessandro Malaspina e la sua spedizione scientifica intorno al mondo con prefazione di Giuseppe Benelli.
L’emiliano Caselli, “investigatore ficcanaso” ha divulgato la Lunigiana; nel 1929 pubblicò a Milano le sue ricerche sul navigatore di Mulazzo emulo di Colombo, rammaricato che fosse stato dimenticato come nessun altro mai dalla sua patria, “non un sasso sull’Appennino lunigianese a distinguere le sue ossa, non un bronzo o un libro a ricordarlo”.
Il libro servì a divulgare il valore nella storia nautica e nelle scienze naturali di questo figlio dei feudatari Malaspina di Mulazzo, dove nacque il 5 novembre 1754, ma cresciuto a Palermo come il fratello Azzo Giacinto presso lo zio materno Giovanni Fogliani vicerè di Sicilia, completò la formazione a Roma. Fece carriera nella marina spagnola grazie ai buoni uffici dello zio, fu capitano di vascello nel Dipartimento di Cadice.
Malaspina si preparò a lungo e con estrema diligenza alla spedizione scientifica intorno al mondo, la più grande della Spagna, con l’orgoglio di dimostrare che la marineria spagnola non era per niente inferiore alle celebrate spedizioni inglesi e francesi.

Malaspina
Alessandro Malaspina (Mulazzo 1754 – Pontremoli 1810)

Il grande viaggio partì da Cadice il 30 luglio 1789 e qui si concluse il 21 settembre 1794, Malaspina dalle coste atlantiche doppiò capo Horn, risalì le coste del Pacifico fino all’Alaska, toccò arcipelaghi (Isole Marianne, Filippine, Galapagos e dell’Oceania) e coste australiane facendo fare a specialisti che erano a bordo rilievi cartografici, raccolte di specie botaniche e di minerali, con la tempra di vero scienziato fece fare rilievi sui costumi di vita, il linguaggio, la religione dei popoli che la spedizione incontrava.
Tanti meriti non hanno avuto il dovuto riconoscimento per intrighi e gelosie di dame e di cortigiani, soprattutto del ministro Godoy che lo odiava e gli lanciò l’accusa del tutto falsa di tramare contro il re. Va osservato che la spedizione fu compiuta negli anni del furore rivoluzionario francese, Malaspina mirava a nuovi ordinamenti nelle colonie sudamericane per “impinguare l’Erario” e per superare la “solita fatale diffidenza verso gli stranieri”: per i monarchi assoluti questo suonava forse come pericolo per il loro conservatorismo oscurantista.
Caselli riporta tutte le fonti informative di cui poteva disporre sull’arresto improvviso, la prigionia orrenda a La Coruña, la liberazione voluta da Napoleone, il ritorno a Pontremoli quasi povero perché defraudato nell’eredità dei beni dal fratello Luigi, alloggiò “a dozzina” presso il tintore di panni Pietro Belloli in rione S. Pietro (una lapide lo ricorda nella via ora a lui intitolata) dove morì il 10 aprile 1810.
Le sue ossa sono andate disperse come molto dei suoi scritti e delle relazioni scientifiche della spedizione. A frammenti amici e studiosi tentarono di raccogliere memorie, Pontremoli gli intitola nel 1936 l’Istituto Magistrale, l’amministrazione comunale nel 1965 una lapide al cimitero, ma il valore completo del Malaspina benissimo è stato scoperto, studiato e divulgato nel mondo dal compianto Dario Manfredi, che ha fatto uscire dagli archivi spagnoli tutto quello che era stato dimenticato, ha promosso convegni internazionali e a Mulazzo ha costituito il Centro Malaspina per la storia e le tradizioni marinare con archivio e biblioteca e ora è nata anche una Fondazione Malaspina.

Maria Luisa Simoncelli